Un tribunale dello Stato islamico ha “ordinato” che 29 degli oltre 200 cristiani rapiti in Siria il 23 febbraio vengano rilasciati, mentre per gli altri il giudizio rimane ancora sospeso. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani citando un comandante assiro, secondo cui, scrive la Cnn, anche il destino degli altri sequestrati verrà deciso dai tribunali islamici dell’Isis. Secondo la ong, i cristiani liberati finora sarebbero 19.

Sull’intera vicenda del rapimento dei cristiani assiri regna sin dal primo giorno una notevole confusione. Secondo le indicazioni, sono stati presi in alcuni villaggi nei pressi della città di Tal Tamer, nel Nord della Siria, ma non è ben chiaro quali. Anche sul numero totale delle presone finite in mano ai jihadisti non ci sono certezze. In un primo momento si era parlato di un centinaio, poi di 150, mentre il patriarca della Chiesa siro-cattolica Ignace Youssif III Younan ha detto alla Radio Vaticana che sono 350.

Il fondatore dell’organizzazione assira per i diritti umani, Osama Edward, parla invece di almeno 262 persone. Edward, nota la Cnn, vive Svezia, ma parte della sua famiglia è rimasta nella zona presa di mira e dice di avere informazioni direttamente dal campo. Il patriarca Younan aveva detto anche che “una ventina sono stati sicuramente già uccisi”, mentre l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha detto ieri di avere appreso da “fonti attendibili” che l’Isis “non ha ucciso nessuno” delle centinaia di cristiani assiri rapiti.

I 19 cristiani liberati sarebbero arrivati nel pomeriggio ad Hassakè. “Si tratta di un gruppo esiguo, se paragonato alle centinaia di cristiani ancora prigionieri del Daesh (acronimo arabo usato per indicare l’Is, ndr), ma le trattative continuano per liberare anche gli altri, e abbiamo la speranza che ciò sia possibile”, riferisce all’agenzia vaticana Fides l’arcivescovo Jacques Behnan Hindo, a capo dell’arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi.

I capi delle Chiese e delle comunità locali cercano di tenere aperti i contatti e i negoziati con i miliziani attraverso la mediazione di alcuni leader tribali musulmani locali. “Il momento è delicato – spiega l’arcivescovo siriano – e ogni iniziativa o parola non calibrata e presa senza ponderazione può aumentare i rischi per tutti”. A questo proposito, monsignor Hindo commenta negativamente il comunicato pubblicato ieri in cui le milizie di auto-difesa presenti in Iraq e legate all’Assyrian Democratic Movement si sono dette pronte a intervenire in territorio siriano per difendere i cristiani di Jazira dagli attacchi jihadisti. “In questo frangente frantumato di guerra – spiega l’arcivescovo – tirar fuori le milizie cristiane può alimentare equivoci e strumentalizzazioni, aumentando i rischi per i rapiti. Se vogliono combattere contro il Califfato, si arruolino con le forze regolari o coi curdi, senza creare altre milizie confessionali”.

I 19 sequestrati rilasciati ieri appartengono al villaggio di Tel Goran. Tra di loro ci sono due donne, una delle quali è incinta e ha dovuto lasciare in mano ai jihadisti una figlia di sei anni. Intanto le milizie curde e anche l’esercito siriano hanno ripreso il controllo di settori dell’area prossima a Quamishli, ma non hanno ancora provato a recuperare i villaggi assiri della valle dal Khabur. “Da quando è iniziata l’offensiva jihadista su quei villaggi – ripete l’arcivescovo Hindo – le incursioni aeree della coalizione internazionale contro le postazioni dello Stato islamico sono stranamente state sospese”.

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