Ospitiamo un intervento del regista e attore Riccardo Goretti che doveva essere in scena dal 27 febbraio al Rialto Sant’Ambrogio di Roma, chiuso dalla Digos. Dopo Emma Dante all’Eliseo un altro spettacolo fermato dai sigilli della polizia.

rialtoTeatro vivo per i viventi.
di Riccardo Goretti

Cari tutti, abbiamo aspettato fino alla fine per dare l’annuncio, capire se erano possibili soluzioni alternative, spazi diversi. Poi abbiamo deciso di annullare lo spettacolo di questo fine settimana al Rialto Roma. Come saprete, o se non lo sapete ve lo dico io, ieri pomeriggio la polizia ha fatto irruzione negli spazi del centro sociale, sottoponendo a sequestro preventivo l’intero stabile (per ragioni di sicurezza, pare) e sgomberando le compagnie teatrali che stavano provando. Attualmente, tutti gli operatori culturali (o pericolosi criminali, se preferite) sono fuori, e lo spazio è sigillato.

Come saprete, o se non lo sapete ve lo dico io, il Rialto è stato per anni, ed era fino a ieri, base operativa e rifugio sicuro di realtà importantissime per la scena romana: Lucia Calamaro, Tony Clifton Circus, Massimiliano Civica, solo per citarne alcuni, gente che vince gli Ubu, per capirsi, gente che lavora e fa lavorare, gente riconosciuta a livelli altissimi. Non solo: gli spazi erano utilizzati anche da giovani compagnie, e nei locali si tenevano rassegne di musica e teatro contemporaneo di ogni sorta, e adesso sarebbe toccato a me.

La mia prima venuta romana fu al Rialto, con Gli Omini, nel “lontano” 2008. Ci notò Nico Garrone, grande uomo che ci manca un sacco in questi tempi di nani, che ci nominò per gli Ubu. Da lì, si può dire, è partita la fortuna di una compagnia che ancora oggi gira l’Italia ottenendo un successo dietro l’altro. E’ merito del Rialto. Anche. Non solo, ma anche. Ma c’è di più. Come saprete, o se non lo sapete ve lo dico io, analoga sorte di sgombero è toccata, sotto un’amministrazione comunale che si dice di sinistra (vi prego, non sparate sul pianista, che tanto è morto almeno vent’anni fa e puzza di marcio e decomposizione…), al Teatro Valle Occupato, all’Angelo Mai… e non solo.

Io mi occupo di teatro da più di dieci anni ormai, sono stato a Roma a fare e vedere spettacoli in tutti questi posti. Non sono mai stato all’Argentina per esempio, mai al Parioli, mai all’Eliseo. Perché, perdonatemi, faccio teatro vivo per i viventi. Quando me lo lasciano fare. A quanto pare no, basta, non si può fare, non va bene, statti zitto. Conosco i protagonisti di queste “occupazioni”, (che non sono tali poi, sono rivendicazioni, sono appartenenze, sono salvezza, checché ne dicano Gabriele Lavia, o Gino Paoli -addirittura- ultimamente): sono persone eccezionali, che lavorano per la cultura col coltello tra i denti, che provano a salvarci quotidianamente dalla deriva oscura che questo paese sta prendendo.

Ne cito due? Graziano Graziani, critico, scrittore, speaker di Radio Rai Tre. Cristian Ceresoli, drammaturgo di fama mondiale, osservatore più unico che raro del reale. Non sono pericolosi criminali, signori. Non mi crederete, ma non lo sono. Ma cosa lo scrivo a fare? Tanto, come saprete, o se non lo sapete ve lo dico io, la cultura in Italia sta morendo, sotto i colpi dei poteri forti sempre più forti, e degli indipendenti sempre più costretti a incasellarsi. Io compreso, evidentemente.

Ma lasciatemi dire che ci rimpiangerete. Quando le vostre vite vuote avranno perso il significato che solo l’arte sa dare all’esistenza, ci rimpiangerete. Suona apocalittico? Ne riparleremo. Intanto massimo sostegno a Anton MrCartiglio de Guglielmo a Francesca Donnini, e a tutti coloro che stanno combattendo in queste ore. Massimo sdegno per tutti quei sindaci, gli assessori, gli operatori sempre più populisti e demagoghi, che sanno benissimo quello che stanno facendo (fingono ma lo sanno -oh se lo sanno!-): il gioco della P2 e degli oppressori, il piano per il rimbambimento del paese che va avanti e si compie giorno per giorno. Se non sei con noi, sei con loro, sindaco di sinistra, e lo sai bene. Ma, ripeto, ci rimpiangerai, se ti sarà rimasta un’anima.

Love, RG.

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