È una malattia neurodegenerativa progressiva le cui cause sono ancora poco note, ma i cui effetti sono molto invalidanti sull’organismo, come ha efficacemente mostrato nel film La Teoria del Tutto il giovane attore Eddie Redmayne, nella sua interpretazione del celebre cosmologo Stephen Hawking, che gli è valsa nei giorni scorsi l’Oscar.

Spesso associata al gioco del calcio, la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) colpisce le cellule nervose che controllano i movimenti volontari, i cosiddetti motoneuroni. Ma, secondo quanto emerge da un recente studio dell’Università Cattolica di Roma pubblicato sulla rivista “Neurobiology of Aging” e coordinato da Mario Sabatelli – presidente della commissione scientifica dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), e responsabile del centro Sla del policlinico universitario Gemelli di Roma -, la malattia lascia gli stessi segni anche sulla pelle. Segni che potrebbero aiutare adesso i ricercatori a comprenderne i meccanismi scatenanti.

“Uno dei maggiori problemi nella ricerca sulla Sla – spiega Sabatelli – è che non abbiamo modelli sperimentali affidabili su cui studiare i meccanismi responsabili della malattia. Il cervello è, infatti, un tessuto non accessibile, e le ricerche con modelli animali della malattia hanno diversi limiti”.  Per ottenere colture di cellule della pelle, denominate fibroblasti, il team di studiosi romani ha effettuato una piccola biopsia del tessuto cutaneo in 38 persone colpite da Sla.

“Abbiamo osservato – spiega il neurologo – che in molti casi la proteina che ha un ruolo centrale nella degenerazione delle cellule nervose tipica della Sla, nota come “TDP-43” – la stessa protagonista di un altro studio italiano finanziato da Telethon e condotto da un team dell’Istituto Mario Negri di Milano -, mostra un comportamento anomalo anche nei fibroblasti dei pazienti”.
La novità dello studio è rappresentata proprio dal fatto che le cellule della pelle coltivate in provetta sono un modello semplice, affidabile e accessibile per studiare i meccanismi della malattia.

“L’editore di Neurobiology of Aging ha chiesto che queste colture cellulari siano rese disponibili a tutta la comunità scientifica mondiale – sottolinea Sabatelli -. Metteremo, quindi, queste preziose cellule a disposizione di tutti i ricercatori, grazie alla prima biobanca nazionale dedicata alla Sla, che – conclude il neurologo italiano – sarà presto realizzata con i fondi raccolti questa estate da Aisla attraverso la campagna delle cosiddette docce d’acqua ghiacciata, “Ice Bucket Challenge, e dalla Giornata nazionale sulla Sla”.

L’abstract dello studio su Neurobiology of Aging

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