Si moltiplicano le iniziative di riflessione (e contrasto) sulle dilaganti patologie da gioco d’azzardo. E si diffonde anche l’uso dell’appropriato neologismo “azzardopatia” per definirle, molto migliore del precedente “ludopatia”, che da una parte screditava il Gioco tout court e dall’altra allentava l’attenzione al problema (i nostri figli li portiamo in “ludoteca”, no?).

Un plauso particolare a Per non morire di gioco d’azzardo, una quattro giorni sull’argomento che si è recentemente svolta a Ravenna. Non solo dibattiti, conferenze, convegni e documentari (peraltro ottimamente organizzati), ma anche un coinvolgente spettacolo teatrale di Marco Martinelli, Il giocatore, ottimamente interpretato da Alessandro Argnani, che racconta la vertiginosa caduta di un giocatore (si può dire così?) di slot machine.

Ma il tutto questo dibattito aleggia un interrogativo: «Ma il poker è un gioco d’azzardo?».

Tanti dicono di sì perché c’è una componente di fortuna e si gioca (spesso ma non sempre) di denaro, o forse perché le aziende che gestiscono le “poker room” si occupano anche di altri giochi di casinò (e questo è un motivo ragionevole) o ancora perché il poker dal vivo si può giocare praticamente proprio solo nei casinò.

Insomma i confini non sono così evidenti.

poker

Ma chi gioca a poker sa perfettamente che NON si tratta di un gioco d’azzardo, ma di un gioco di abilità: la fortuna c’è, ma alla lunga vincono sempre i migliori.

In confronto l’ormai diffusissimo burraco, è molto molto più di fortuna.

E non sono solo io a pensarla così, esaminiamo alcune recenti vicende.

C’è ancora in Italia qualche circolo che si arrischia a organizzare tornei di poker live, iscrizioni di 20-30 euro, e ti passi una serata. Ma il nostro Stato-biscazziere non gradisce, preferisce assecondare le lobby criminali e fare in modo che tu rovini alle ubique slot machine, magari in quello stesso circolo dove non puoi più spendere 20 euro per un torneino. E le nostre Forze dell’Ordine ci sia accaniscono contro (ma non hanno di meglio da fare?). È successo per esempio ad Albenga, a Vignola e a Bari, con tanto di agenti in borghese che si fingono giocatori, roba da film… per qualche decina di euro. Ma – udite udite – gli stessi circoli sono poi stati scagionati perché «il poker texano non è un gioco d’azzardo ma di abilità»… e chissenefrega se la loro reputazione sarà rovinata dopo essere stati additati dalla stampa locale come bische clandestine?

Intanto per Lor Signori l’obiettivo è raggiunto: l’opinione pubblica è stata distratta dai veri problemi creati dal vero azzardo, le slot machine del tutto legali… ma in mano alle cosche.

Ma se non è un gioco d’azzardo, allora possiamo giocare tranquillamente a poker online?

Beh, sì, certo! Anzi no, per niente!

Mi spiego, il mio consiglio è di stare molto molto attenti col poker online, ma per motivi diversi – anzi completamente opposti – a quelli che di solito vengono addotti. Il fatto è che il livello medio dei giocatori è vertiginosamente salito in questi anni e i tavoli sono zeppi di pro e semi-pro di fronte ai quali i giocatori occasionali sono nettamente sfavoriti. Tanto più che si sono diffusi i programmi di tracking, software che permettono ai giocatori online di analizzare il gioco degli avversari e di fornire in tempo reale – mentre si gioca – tutte le loro statistiche. Voglio dire, tu giochi tranquillo e il tuo avversario ti fa la radiografia. Come giocare contro professionisti che pure utilizzano mezzi tecnici superiori.

E poi c’è il sempre più attuale problema della «collusion», cioè giocatori che restano in contatto tra di loro (via skype, ma anche seduti fianco a fianco su linee diverse) mentre giocano sullo stesso tavolo. Insomma, vere truffe. Come competere?

Secondo me, perché il bellissimo gioco del poker abbia un futuro, bisogna rendere illegali i programmi di tracking e perseguire con ogni mezzo (rendendoli reati penali e responsabilizzando le room), tutti i possibili tipi di truffa.

Vabbè, oggi ho scontentato proprio tutti!

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