O una sentenza “chiara e inequivocabile” oppure elezioni. Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino è pronto a tornare al voto se il Tar non toglierà ogni dubbio sulla vicenda delle presunte firme false a suo sostegno durante la campagna elettorale del 2014. “Ho riflettuto molto sull’opportunità di restituire la parola agli elettori subito – ha spiegato Chiamparino – Sappia questa assemblea che sono pronto a farlo domani in consiglio regionale. Ma farlo subito mi sembrerebbe più una fuga”. Il presidente ha parlato durante la direzione regionale del Pd dopo che il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso della Lega Nord. “Abbiamo provvedimenti in corso – ha aggiunto Chiamparino – e agire anticipando la magistratura sembrerebbe più un atto di stizza personale piuttosto che una assunzione di responsabilità politica”.

I giudici amministrativi hanno fissato per il 9 luglio la prossima udienza, subordinando i loro lavori all’esito dell’inchiesta penale della Procura, nella quale figurano 10 indagati tra politici e dirigenti di partito del centrosinistra. “Alla fine c’è anche una questione personale: non voglio alzarmi al mattino, scendere a prendere il giornale e che ci sia uno che mi dice che sono attaccato alla poltrona, perché io non lo sono” ha concluso tra gli applausi dei componenti della direzione del Pd Piemonte.

La vicenda è un dejà vù per il Piemonte: proprio con l’accusa di firme false è caduta era caduta nel 2014 la giunta precedente, guidata dal leghista Roberto Cota, che ora chiede a Chiamparino di fare un passo indietro. E annuncia per il 28 marzo la manifestazione di tutto il centrodestra “#Chiamparinoacasa“. Il ricorso ammesso è quello dell’ex consigliera provinciale del Carroccio, Patrizia Borgarello, per tre dei cinque motivi di illegittimità contestati.

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