Avere una percezione sbagliata del proprio corpo durante l’adolescenza aumenta il rischio di obesità in età adulta. Vedersi più grassi di quello che si è, infatti, porta a seguire diete troppo rigide, a fare uso di pillole dimagranti e di lassativi, a vomitare, a digiunare per più di 24 ore. Comportamenti autolesionisti che, sul lungo periodo, fanno ottenere un effetto opposto a quello desiderato e portano a ingrassare. A questa conclusione sono arrivati Angelina R. Sutin e il suo team della Florida State University, in uno studio che sta per essere pubblicato sulla rivista scientifica Psychological Science (PSS), la più prestigiosa del settore.

I ricercatori hanno analizzato un campione di 6.523 americani (3.810 donne e 2.713 uomini). Li hanno sottoposti, all’età di 16 anni, alla misurazione di peso e altezza in modo da ottenere i loro indici di massa corporea. Li hanno anche invitati a rispondere alla domanda di come si sentivano rispetto al loro peso. Nel periodo di follow up, fino ai 28 anni, è emerso che gli adolescenti che si credevano grassi, nonostante avessero un indice di massa corporea nella norma, dimostravano il 40% di rischio in più di diventare obesi rispetto agli altri che avevano una giusta percezione di sé. Una tendenza comune in entrambi i sessi, ma di gran lunga maggiore tra i ragazzi, con un rischio dell’89% in più. Tra le ragazze, invece, il rischio è risultato essere del 29 per cento.

Ci sono due meccanismi principali alla base della tendenza all’obesità per chi ha una cattiva percezione del proprio corpo. Il primo è legato alla stigmatizzazione sociale del peso corporeo. Secondo un precedente studio di Sutin, gli adulti che vengono discriminati sulla base del peso non riescono a dimagrire, ma diventano ancora più grassi. Una ricerca dello scorso anno sulle ragazze adolescenti, condotta da A. Janet Tomiyama dell’Università di California, Los Angeles, ha dimostrato che quelle che vengono bollate come “grasse” intorno ai 10 anni, anche se non lo sono realmente (oppure sono soltanto in sovrappeso), lo diventano davvero quando ne hanno 19. Il secondo meccanismo è invece legato all’auto-stigmatizzazione: avere una dispercezione implica una ridotta capacità di autocontrollo. Le persone che interiorizzano i pregiudizi legati al peso sono più ansiose e depresse, maggiormente inclini alla fame nervosa. Gli adolescenti che si percepiscono come sovrappeso non riescono ad intraprendere uno stile di vita salutare perché quando ingrassano realmente non se ne rendono conto.

Lo studio di Sutin e del suo team porta quindi a porre l’attenzione di educatori, medici e istituzioni non soltanto su chi è effettivamente in sovrappeso, ma anche su chi ha una cattiva percezione del proprio corpo, pur rientrando nella norma. Suggerisce, inoltre, che da parte degli adulti ci deve essere cautela verso gli adolescenti quando si affrontano questioni legate al grasso corporeo. Sfata, infine, il pregiudizio generale secondo il quale sarebbero soltanto le ragazze ad avere problemi di immagine.

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