Racconta di essere rimasta “esterrefatta” di fronte a quella lettera della Cna, la confederazione nazionale dell’artigianato, dove si annunciavano, contro di lei, “tutti i provvedimenti previsti dallo statuto”. Cinzia Franchini, da tre anni e mezzo presidente nazionale della Fita, l’associazione degli autotrasportatori che fa capo proprio alla Cna e che organizza almeno il 30% degli addetti del settore, è diventata uno dei simboli della lotta contro le infiltrazioni mafiose nella categoria che rappresenta. Modenese, leader donna in un mondo tutto maschile come quello dei camionisti, da quando è presidente nazionale a causa delle sue denunce è stata ed è oggetto di minacce e pressioni: buste con proiettili, lettere intimidatorie. Così Franchini nei giorni scorsi è stata sentita dalla Commissione parlamentare antimafia arrivata a Reggio e Modena dopo il clamore suscitato dall’operazione anti-‘ndrangheta Aemilia che ha portato all’arresto di 117 persone, molte delle quali accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso. Una inchiesta che ha portato a galla una vera e propria ramificazione della criminalità organizzata che, secondo i pm, faceva affari in Emilia con un riferimento alla casa madre di Cutro, in provincia di Crotone.

Le parole che hanno irritato la Cna sono quelle comparse sulla stampa nei giorni scorsi. Ciò che Cinzia Franchini ha detto ai parlamentari è coperto da segreto, ma dopo l’audizione lei stessa ha rilasciato una intervista alla Gazzetta di Modena dove riportava parte di quanto detto alla Commissione. Nell’intervista spiegava che i vertici della associazione non hanno mai speso cinque minuti per parlare dei problemi dell’autotrasporto e delle pressioni che subiamo. Sì, mi sento sola, ma almeno i miei associati sono al mio fianco anche quando qualcuno ha provato a mandarmi a casa”. Tanto è bastato alla Cna per fare partire la lettera che annuncia di volere “tutelare la confederazione, i suoi dirigenti, tutti gli associati, da affermazioni lesive della reputazione e della storia della nostra Associazione”.

“Sono in attesa che il presidente nazionale Cna decida il da farsi”, spiega ora a ilfattoquotidiano.it Franchini. Che aggiunge: “Io non ho certo attaccato la Cna davanti alla Commissione antimafia. Io per prima non starei in una associazione dove ci sono cose che non funzionano o dove ci fossero zone d’ombra sul fronte antimafia”. Poi però precisa: “Se adesso non posso neanche più dire che mi sono sentita sola è finita. Ho sempre avuto vicino a me la mia presidenza nazionale e alcuni imprenditori. La Cna non me lo ha dimostrato: forse mi era vicina ma non me lo ha detto”.

Franchini spiega poi di non essere stata sorpresa dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bologna. “L’operazione Aemilia non scopre tutto sulle infiltrazioni in questa regione. Credevo però che con questa inchiesta si voltasse pagina e si facesse pulizia. Temo che un atteggiamento ancora di sottovalutazione o eccesso di ottimismo ci porti fra qualche anno ad avere un problema molto più grosso”. Le ricette per contrastare le infiltrazioni nel mondo dei trasporti secondo la Fita ci sono: “Noi chiediamo che le risorse destinate all’autotrasporto non vengano più intermediate e soprattutto che non vengano più dati soldi pubblici alle imprese interdette per mafia”. Ma ora Franchini dovrà difendersi per fare in modo che i “provvedimenti” annunciati non la scalzino dalla carica di presidente: “Non è un segreto che ci sia qualcuno mi vuole mandare a casa, sia dentro la Cna che dentro la Fita Cna”.

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