Il cibo è vita. I migliori professionisti del mondo hanno raccontato in oltre 90 scatti le problematiche legate al cibo in “Food, il futuro del cibo”, la mostra di National Geographic fino al primo marzo al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Il progetto, curato da Marco Cattaneo, direttore di NG Italia, con il patrocinio della FAO, nasce con l’obiettivo di sensibilizzare la collettività sulla centralità del cibo nelle diverse comunità affinché ciascuno sia consapevole che può bastare solo un piccolo sforzo per contribuire a fare la differenza, poiché condividiamo la stessa casa: la Terra. Come l’aria e l’acqua anche il cibo è vita e soprattutto cultura. Nel cibo, infatti, si ritrova l’identità di una popolazione, le caratteristiche di un territorio, nel cibo si rispecchiano usanze e tradizioni, il cibo rivela una storia.

La mostra illustra quella che è la più grande sfida globale del nostro secolo, provando a fare luce sugli aspetti più controversi della nutrizione sul nostro pianeta, con l’aiuto di testi e grafici esplicativi che accompagnano le suggestive ed emblematiche fotografie scattate in giro per il mondo che descrivono la vita dei venditori e coltivatori di canna da zucchero, noci di cocco, cacao, semi di caffè, mais e banane o che immortalano la trebbiatura del grano in Etiopia. E poi l’essiccamento del mais in Mali negli scatti di Jim Richardson, fino alla mensa Giovanni Paolo II della Caritas a Colle Oppio che ogni giorno offre un pasto caldo a moltissime persone catturate dall’obiettivo di Antonio Politano.

Con l’aumentare della popolazione aumentano proporzionalmente i bisogni e le aspettative e, dunque, diventa sempre più difficile trovare una soluzione per nutrire tutti in modo sostenibile per il pianeta. Oggi 800 milioni di persone soffrono di malnutrizione e di “insicurezza alimentare”, mentre quasi 1 miliardo e mezzo sono le persone obese o in sovrappeso: una grande contraddizione connessa al problema del cibo. National Geographic con questa mostra vuole proprio esplorare e analizzare tutte le prospettive e le incoerenze riguardanti il futuro del cibo. L’impatto dell’agricoltura e dell’allevamento di bestiame sulle acque, sul clima, sul territorio, sulle foreste, l’incremento esponenziale dell’acquacoltura, ma anche lo spreco alimentare e il nuovo volto della fame, così come la prossima rivoluzione verde sono i temi sui quali l’esposizione indaga tentando di dare risposte e possibili soluzioni identificate dal magazine in cinque punti fondamentali: congelare l’impronta ambientale dell’agricoltura, rendere maggiormente produttivi i terreni che vengono coltivati, usare le risorse in maniera più efficiente, cambiare dieta, ridurre gli sprechi.

L’agricoltura e gli allevamenti intensivi, infatti, sono tra i principali responsabili del riscaldamento globale. Inoltre, il deflusso di fertilizzanti e letame devasta i fragili equilibri di laghi, fiumi ed ecosistemi costieri. Entro il 2050 la Terra conterà probabilmente oltre 9 miliardi di abitanti, ovvero 2 miliardi di bocche in più da sfamare, ma non è la crescita demografica l’unica ragione per cui ci sarà un superiore bisogno di cibo, bensì la diffusione del benessere che farà aumentare la domanda di carne, uova e latticini e di conseguenza la necessità di coltivare granturco e soia per nutrire un numero sempre maggiore di bovini, polli e maiali. Ogni sezione si sofferma su un aspetto: nella sezione “Nutrire il pianeta” alcune foto mostrano la produzione di piccoli agricoltori con mezzi rudimentali per poi passare a una dimensione industriale, “Rivoluzione Azzurra” è dedicata all’acquacoltura, cioè l’allevamento di pesci, crostacei e molluschi, “Il granaio del futuro” descrive la situazione dell’Africa, (Liberia e Mozambico), dove è in corso una nuova modalità di sfruttamento coloniale, nella parte successiva è documentato “Il nuovo volto della fame” nei progrediti paesi occidentali, vi è ancora una sezione dedicata all’evoluzione della dieta nella storia dell’uomo e alcune foto che denunciano lo spreco alimentare.

Gli ultimi splendidi scatti sono antichi e riguardano un recente passato che sembra ormai lontanissimo, “Come eravamo”, una serie di foto d’epoca firmate, tra gli altri, da William Albert Allard e Jonathan Blair.
“Questa mostra è un nostro contributo alla riflessione”, ha spiegato Cattaneo, perché si possano trovare nuovi equilibri tra risorse, alimentazione e popolazione per dare un futuro dignitoso ai 370mila bambini che nascono ogni giorno.

Articolo Precedente

De Kerangal, uno sguardo profondo sulla morte

next
Articolo Successivo

Burroughs “e compagni”: le lezioni illustri degli autori della beat generation

next