Le tredici righe di questa lettera sono il compendio finale del ventennio berlusconiano, il timbro ufficiale della rappresentazione pubblica dello spirito di Arcore. Di come la Rai abbia scelto di vivere felicemente (ammesso che negli anni precedenti avesse praticato uno stile diverso) sotto la suola del padrone.

È il 25 agosto 2010 e Antonio Verro, consigliere di amministrazione, scrive al premier una lettera (che l’interessato smentisce in un’intervista al Fatto Quotidiano, leggi) a cui allega due fogli di schede sintetiche riferibili a otto programmi di informazione. Sono le “trasmissioni che più mi preoccupano. Temo infatti che siano fortemente connotate da teoremi pregiudizialmente antigovernativi”. Qui il principio filosofico che definisce il giornalismo come esercizio quotidiano collaborativo, stabilmente al potere o nelle sue immediate adiacenze e dunque a esso sottomesso. Ogni forma di autonomia denota non una limpida scelta professionale, il rispetto della insindacabilità della notizia nella sua nuda e anche cruda illustrazione, ma l’esposizione di un teorema, cioè di un pregiudizio. La verità viene tradotta come una falsità, la realtà come simulazione e – nel pieno dell’effetto ottico – l’apparenza deve acquisire il titolo di realtà. “Purtroppo – notifica il dispiaciuto messo romano – nonostante i nostri vari tentativi, penso non ci sia più niente da fare”. Purtroppo Michele Santoro la sta avendo vinta, e con lui gli altri conduttori di “trasmissioni antigovernative”. “Tali programmi – aggiunge – sono inseriti nel palinsesto che il Direttore Generale ha già presentato, ma su cui il consiglio non può fare decisiva interdizione”.

“Mettiamo Petruni a Rai2”
La resa che appare nell’elencazione dei delitti oramai impunibili nasconde, però, un colpo di reni. Perché alcuni rimedi sono ancora possibili. Qui il passaggio insieme tragico e comico della induzione al fraintendimento, allo spappolamento del talk show. “Unico rimedio ipotizzabile sarebbe quello di mettere paletti relativi a composizione del pubblico, strettoie organizzative e scelta di ospiti politici (e non) delle suindicate trasmissioni, tramite i Direttori di rete”. Dunque è previsto, come estrema ratio, l’alloggiamento sugli spalti di Annozero, di Ballarò, di Che tempo che fa e delle altre cinque trasmissioni antigovernative, di falangi berlusconiane, eserciti della buoncostume che – incrociando gli sguardi di ospiti politici consenzienti – dovrebbero sterilizzare la controinformazione e bruciare la bocca dei conduttori renitenti magari con una risata, oppure stordirli con fischi apocalittici e definitivi. Per erigere questo teatro “è di fondamentale importanza procedere il prima possibile alla nomina di Susanna Petruni a direttore di Raidue già dal primo consiglio di amministrazione disponibile, cioè quello del 15 settembre prossimo, e verificare che il Direttore Generale si determini a un puntuale controllo sul Direttore di Raitre”. Nel “grosso abbraccio” che segna il saluto di Antonio Verro – ieri come oggi consigliere di amministrazione – all’allora premier Berlusconi (proprietario di Mediaset) c’è una porta spalancata su quello che è stato e che forse potrebbe ripetersi.

“Controlliamo Ruffini a Rai3”
Agosto 2010, mancano poche settimane al varo della nuova stagione televisiva. Berlusconi è un presidente inseguito dai resoconti orgiastici nella dimora di Arcore e soprattutto dalla figura inquietante di Ruby, personaggio ancora incredibilmente attuale. Il direttore generale Mauro Masi non è riuscito a spegnere il dissenso nel servizio pubblico. E Verro prova a illustrare l’ennesimo piano d’azione, dopo che la lontana Procura di Trani (marzo 2010) aveva scoperchiato il gioco di sponda tra l’azienda, l’ex Cavaliere e l’Autorità di garanzia Agcom per bloccare Santoro.

A distanza di nove anni dall’intervento che spedì a casa Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e lo stesso Santoro, Masi non se l’è sentita di mettere in pratica un secondo editto bulgaro, ancora più ampio, e cancellare l’intero palinsesto di Rai3. Il gruppo degli otto, evocato da Verro, si completa così: Parla con me di Serena Dandini, Che tempo che fa di Fabio Fazio, In mezz’ora di Lucia Annunziata, Report di Milena Gabanelli, Ballarò di Giovanni Floris, Lineanotte del Tg3 e Glob di Enrico Bertolino. Verro sollecita la promozione al vertice di Rai2 (il canale che ospita Annozero) di Susanna Petruni, giornalista al Tg1 di Augusto Minzolini, chiamata “farfallina” per via del gioiello regalatole da Berlusconi che spesso esibisce in conduzione. Verro vuole cacciare Massimo Liofredi, nominato in quota centrodestra, ma che difende Annozero perché generatore di pubblicità e ascolti preziosi per Rai2 e, di conseguenza, per la sua carriera: la media del programma, infatti, supera il 20 per cento di share. Verro rivela a Berlusconi l’unico “rimedio”: l’ostruzionismo. E spiega in cosa sarà tradotto l’atteggiamento più aggressivo che adotterà l’azienda: “Strettoie organizzative”. Liofredi viene commissariato, la scaletta di Annozero sarà approvata sempre da Masi che potrà sfrondare la lista dei presenti, lamentare presunte tegole legali, rallentare le pratiche burocratiche per i contratti. Annozero subirà ciascuna di queste pressioni. E anche Parla con me resterà sospeso con l’accordo congelato con il produttore Fandango sino a poche ore dal ritorno in onda. Per l’ultimo anno.

Il giorno dell’esordio, il 27 settembre 2010, in studio ci sarà un cavallo di Viale Mazzini con uno scaramantico cornetto appeso al collo. Glob di Bertolino sarà chiuso. Gabanelli & C. resisteranno a fatica. Ma riprendiamo il prontuario d’attacco. Il secondo punto: “Ospiti politici”. Il consigliere Rai vuole esercitare il controllo militare e fa mandare a Masi una circolare per impedire a Parla con me di invitare personaggi politici o intervistare chiunque possa parlare male del governo di Berlusconi. In maniera sistematica, Palazzo Chigi cercherà di non mandare esponenti dell’esecutivo ad Annozero pur di far cadere in fallo Santoro e consentire a Masi di inviare i soliti rilievi sulla parzialità delle presenze all’Agcom. Le trappole sono disseminate ovunque. A Rai3 il fastidio è Paolo Ruffini, il direttore già cacciato da Masi senza motivo (unico contrario Nino Rizzo Nervo) e reintegrato dal giudice. Siccome Masi non può espellere per la seconda volta Ruffini, Verro suggerisce “un puntuale controllo”. Ruffini rassegnerà le dimissioni undici mesi dopo.

In tanti costretti ad andare via
La stagione 2010/2011 sarà un calvario per Santoro e per Rai3. Non vanno dimenticati momenti di commedia dell’assurdo, come la telefonata di Masi ad Annozero per “dissociare” l’azienda dalla sua trasmissione di punta. L’incursione di Masi è del 27 gennaio 2011. Luigi Bisignani, il noto faccendiere, ispiratore di opere ai danni di Santoro, commenterà: “Una figura di merda”. La settimana precedente, il ministro Paolo Romani segnala la puntata sul caso Ruby all’attivissima Agcom. Questi episodi sono i pretesti per fare ricorso in Appello contro il reintegro di Santoro vittima dell’editto bulgaro. La Corte d’Appello di Roma il 7 aprile rigetta la richiesta di Viale Mazzini che, indomita, trascina la contesa in Cassazione. Santoro è convinto di poter scavallare la stagione 2011/12 in attesa della Suprema Corte. Masi, che ha informazioni più dettagliate, gli riferisce che entro giugno sarebbe arrivato il verdetto. A Masi, pensa Santoro, manca il mio scalpo. E il giornalista fa pervenire un messaggio a Lorenza Lei, allora vicedirettore generale: lascio io, se lascia Masi. Lei deve soltanto convincere Berlusconi. Riesce subito nell’intento e, magicamente, si ritrova direttore generale. Tutto torna.

di Antonello Caporale e Carlo Tecce
da il Fatto Quotidiano del 19 febbraio 2015

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