La notizie a loro modo, sono monotone. Perché seguono sempre lo stesso cerimoniale: arrivano e si portano dietro tutti i precedenti. Penso questo mentre rivado con la mente a quindici giorni fa. Tre febbraio. Roma. Fuori dalla quarta sezione penale della Cassazione è pieno di gente che sventaglia carte e tensione. Avvocati e parenti alternano braccia incrociate e tranquillità apparente. Fortunato Scafidi e Cinzia Caggiano, genitori di Vito, morto nel 2008 a 17 anni per il crollo del soffitto della sua classe al Liceo Darwin di Rivoli saranno i primi a entrare con il loro avvocato. In serata è prevista la sentenza su un processo che chiuderà sette anni di dolore. Fuori, a tener loro compagnia, ci sono i sopravvissuti della strage di Viareggio. “Sono venuti per noi, per darci sostegno – mi spiega Paola, la sorella di Vito – “Siamo tutti vittime delle istituzioni”. Dalla sua borsa spunta un cuscino a forma di cuore, ci sono stampati sopra il viso e il sorriso di Vito, tra l’uno e l’altra solo pochi mesi di distanza.

Scuola bella, buona e sicura. Se non fosse per i soffitti, rimugino. Come quello che l’8 gennaio crolla in un asilo in Lombardia ferendo sette bambini. O quello che viene giù, è il febbraio del 2014, in una elementare di Palermo e ferisce tre bambini di quarta. Mentre due insegnanti finiranno in ospedale a Tivoli, vicino a Roma, per il crollo dell’intonaco del soffitto di una palestra.

Nel 2014 erano si contavano sei anni dalla tragedia del Darwin: dopo la morte di Vito era cambiato qualcosa?

Scuola bella, buona, sicura. E’ incalzante, questo ritmo, non c’è che dire. Come il discorso d’insediamento del premier Renzi e come il suo invito per lettera ai comuni d’Italia a indicare sollecitamente le scuole su cui intervenire con lavori urgenti in vista della riapertura dell’anno scolastico, a settembre. Era la primavera del 2014. Molti sindaci avevano presentato progetti, in alcuni casi anche definitivi. A luglio feci un giro in alcune scuole d’Italia: l’idea era quella di verificare il metodo di concessione degli appalti. Mi ritrovai davanti lavori ancora da cominciare, tecnici pronti e sindaci trepidanti perché ancora in attesa della deroga al patto di stabilità per l’avvio delle opere.

La mia prima tappa fu Rivoli. Incontrai la famiglia Scafidi in casa loro: intorno a noi, pareti senza uno spazio minimo neanche per appendere un chiodo. Ovunque ci sono foto di Vito, bellissimo. Al mare, che fa sport, con la sorella, con i genitori. Attimi di vita felice bloccati nel tempo e in uno spazio al collasso. Sul divano, un padre e una madre che avevano appena scritto una lettera a Renzi e che avvertivano: “La situazione delle scuole italiane è disastrosa. Al prossimo Vito Scafidi, in Italia ci sarà una rivoluzione e noi saremo in prima fila”.

Scuola bella, buona e soprattutto sicura. Non mi abbandona questo ritornello sinistro mentre riaffiorano date e luoghi. Il 29 novembre 2013 al Liceo Dettori di Cagliari due metri quadrati feriscono un’insegnante e due studenti. Pochi giorni dopo, c’è il cedimento di due controsoffittature all’Istituto tecnico Giulio Cesare di Bari: niente strage perché succede di domenica. A gennaio 2013 sono tre i bambini di sei anni che rimangono feriti vicino a Lecco per la caduta di una porzione di intonaco nella scuola elementare. Nel 2008 era morto Vito e 17 suoi compagni sono rimasti feriti, uno di loro Andrea Macrì, per sempre sulla sedia a rotelle. In quello stesso anno morì anche un altro ragazzo, ad Acilia, vicino a Roma: caduto dal lucernaio della scuola media. Ventiquattro ore di agonia.

In cinque anni che cosa era cambiato nelle scuole d’Italia?

Torno al 2015. Otto mesi dopo l’incontro a Rivoli in casa Scafidi, la sentenza. E’ oramai sera quando si aprono le porte dell’aula. Ad ascoltare il Presidente siamo in cinque, compreso il carabiniere. Adesso è la signora Cinzia a stringere al petto il cuscino con l’immagine di suo figlio Vito.

Mentre si attende la parola della Corte, mi torna alla mente il ritornello fastidioso. Neanche lo ripeto più. Perché nel frattempo ripenso alla studentessa rimasta ferita nel crollo di una plafoniera dell’Istituto d’arte di Massa, febbraio 2012. Due mesi dopo ci fu il crollo alla scuola elementare De Amicis, di Massafra: anche qui strage sventata perché tutto precipitò un’ora dopo la fine delle lezioni. Solo un anno prima è la scuola materna di Paternò, vicino a Catania, a finire sui giornali: il 21 febbraio i calcinacci del controsoffitto feriscono tre bambine di cinque anni.

Il giudice che si alza elenca una serie di “ricorso respinto”. La Cassazione conferma le sei condanne stabilite dall’Appello per i fatti che hanno portato al crollo del tetto del liceo Darwin di Rivoli e alla morte di Vito Scafidi. Tre sono a carico dei funzionari della Provincia di Torino e altre tre dei responsabili della sicurezza a scuola. E’ un giorno giusto, penso mentre guardo la madre che stringe il cuscino e ci respira dentro a singhiozzi. “Da oggi chi sbaglia sa che pagherà”, mi dirà il padre fuori dal Palazzaccio.

Poi arriva la notizia: si stacca l’intonaco dal solaio di un’aula e parte del controsoffitto crolla sugli studenti che sono a lezione. Istituto alberghiero De Cecco di Pescara: tre ragazzi leggermente feriti, contusioni lievi, abrasioni. 18 Febbraio 2015.

Scuola bella, buona, sicura. Dopo sette anni dalla morte di Vito e una sentenza che condanna tutti, l’Italia ha o no diritto a notizie nuove e diverse?

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