Abbiamo chiuso il mare, reso impossibile ogni passaggio civile e garantito (parlo di salvezza fisica), da una sponda all’altra, come se in una pianura avessimo frantumato i binari e scavato nelle strade invalicabili fosse. Non tanto tempo fa, quando governavano Berlusconi e Bossi, con la piena approvazione dell’opposizione Pd, c’erano anche motovedette italiane con equipaggio libico che sparavano subito su chi si azzardava a mettersi in viaggio verso l’Italia. Intanto il grande spostamento di gente giovane in cerca di lavoro è diventato fuga di popoli spinti via da guerre, aggressioni, esercizi spaventosi di crudeltà, rapimento di giovani donne, torture ai bambini. Adesso è un immenso esodo di disperati che vogliono sopravvivere. Se arrivano vivi al mare, il mare è chiuso. E poiché non ci sono ferries e traghetti o vecchi piroscafi che stanno bene a galla, a cura del mondo civile, o trasporti militari per accettare chi ha diritto di asilo, arriva la malavita. E così il Mediterraneo è diventato un cimitero.

Pensate che in meno di un anno di intervento bene organizzato (l’operazione detta “Mare Nostrum”), sono stati salvati centomila uomini, donne e bambini. Ma il soccorso è stato interrotto. Dicono per le spese. Credo per un eccesso di civiltà intollerabile ormai in Italia. In questo modo non arriva nessuno e basta. Se ci rompono le scatole, risponderemo che il problema è la Libia. Il Paese è fuori controllo. Se volete, precisa Renzi all’Europa, ci andiamo noi a raddrizzarli e a insegnargli come si fa con quelli che poi ti invadono il Paese. Si ricomincia quel prezioso lavoro a pagamento, intercettare i “clandestini” (la civiltà della Lega chiama così i profughi e gli scampati a guerre e torture), e fermarli in un modo o nell’altro.   

Non dobbiamo dimenticare la frase di Angelino Alfano, ministro dell’Interno di questa Repubblica e di questo governo. Non può tacere mentre gli passano davanti centinaia di persone morte in mare, o morte di fame e di freddo. Riflette, e la frase che dice è una frase tragica: “Non esiste e non può esistere un’operazione che sconfigga la morte in mare”. Non è rassegnazione, è il pensiero triste e immobile di chi, come per una maledizione, non fa nulla e crede che non si debba fare nulla. Il fatto grave, allarmante, che va molto al di là del giudizio negativo che il personaggio merita, è che Alfano, ministro chiave di un governo che ambisce a un’immagine rapida e interventista, è come un medico che si piazza sulla porta della corsia e dichiara: “Inutile entrare. Non esiste e non può esistere una medicina che sconfigga la morte in ospedale”. La frase dimostra di avere un’immagine distorta dei fatti o una depressione pericolosa, ma anche una squalificante negazione della verità. L’impegno a salvare la gente in mare, mille volte sconfitto, ha mille volte vinto sulle tempeste peggiori, e nessuna difficoltà, per quanto grande ha mai cancellato l’impulso naturale a salvare gli altri. Ne fanno fede la storia, la letteratura, fin dal fondo dei secoli, e l’esperienza quotidiana nella vita di tutti. Perché Alfano fa finta di non sapere l’immensa differenza fra non riuscire a salvare tutti e la passiva, tranquilla decisione di non salvare nessuno? S’intende che Alfano non è che una triste comparsa, in questa storia.

Il ruolo di protagonista spetta al capo del governo italiano. I cadaveri galleggiano, a centinaia,ma se glielo fate notare e gli dite che sarebbe bello e civile, e più grande dell’Expo, se l’Italia tornasse a salvarli, come quando c’era l’operazione Mare Nostrum, lui vi accusa di strumentalizzare i cadaveri. Come se l’antico grido “un uomo in mare”, che è sempre stato nei secoli un segnale di solidarietà e di speranza (infatti subito, qualcuno si tuffa per salvare una vita, specialmente quando sono in pericolo una donna o un bambino) si potesse strumentalizzare mentre interi villaggi muoiono davvero davanti a noi. È un pensiero che non era venuto in mente neppure alla Lega. Ma alla Lega dobbiamo riconoscere di aver fondato e di saper mantenere un solido disprezzo italiano per la gente stremata, disperata, in fuga. Per coloro che nonostante tutto si salvano, siamo il Paese in cui la vita dei nuovi venuti è la peggiore (parlo di quelli liberi, che riescono a sfuggire ai lager disumani di invenzione leghista detti centri di “Identificazione e di Espulsione”) e in cui la credenza che gli immigrati ricevano soldi (che in tal modo sono sottratti agli italiani) senza lavorare, si estende in un reticolato di notizie false che non conosce limiti.   

Poi ci sono le lunghe storie sui “mercanti di carne umana”, una definizione della Lega Nord creata per incriminare i pescatori che arrivavano in porto con naufraghi salvati. È stato mai accertato perché certi naufragi sono vistosamente criminali e altri invece sono o sembrano una disgrazia? E dove sono gli “scafisti” che quasi in ogni sbarco senza morti, e anzi con regolare approdo, vengono identificati e arrestati, mentre non c’è mai traccia degli “scafisti” assassini? La verità è che l’Italia, il Paese che non smette di auto-lodarsi e di vantarsi di se stesso, ha chiuso il mare. Piccole teste egoiste e affannate nella rincorsa al consenso prima hanno, allo stesso tempo, sfruttato e respinto il lavoro e le persone giovani in grado di compensare i vuoti di nascite italiane. Poi fingono di ignorare che guerre spaventose (alcune vicine) tormentano il mondo e spingono a muoversi folle di disperati che non possono tornare indietro e non possono fermarsi. E così i “mercanti di carne umana” diventano i soci d’affari di quell’altro delitto che è il chiudere il mare.

È vero che le piccole teste italiane hanno come complici del delitto piccole e chiuse teste europee. Ma quando ci sarà un Giorno della Memoria per tutta questa gente, famiglie, villaggi, città, popoli, morti in mare davanti alle nostre coste, perché il mare era stato chiuso, spero che non tutti i documenti e le testimonianze di questo tragico momento saranno stati perduti o distrutti.

Il Fatto Quotidiano, 15 febbraio 2015

 

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