Doveva essere un centro di eccellenza per la cura delle patologie cardiovascolari. Dopo essere stato realizzato, però, il “Centro Cuore” non è mai entrato in funzione agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Eppure avrebbe consentito ai cittadini di usufruire delle migliori tecnologie biomediche senza la necessità di migrare nelle altre regioni per curarsi. Il Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza ha segnalato per danno erariale alla Corte dei Conti di Catanzaro sei funzionari dell’azienda ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli”. Un danno che, secondo gli inquirenti, ammonterebbe complessivamente a oltre 40 milioni di euro. I lavori per realizzare il “Centro Cuore”, infatti, sono costati oltre 18 milioni di euro a cui vanno aggiunti 500mila euro al mese per 18 mesi di leasing (per i macchinari) e un mancato risparmio di 7 milioni e mezzo di euro che la sanità calabrese avrebbe potuto avere in caso di attivazione della struttura. Tutti soldi che sono stati spesi per un’incompiuta che non ha mai offerto alcun servizio ai malati reggini (e non) costringendoli ai “viaggi della speranza”.

Il “Centro Cuore” doveva entrare in funzione già qualche anno fa per razionalizzare e fare interagire in maniera trasversale le singole aree funzionali delle unità operative di Cardiologia e Cardiochirurgia. Una storia caratterizzata da bandi sbagliati e ricorsi presentati dalle ditte che, nel 2006, hanno partecipato alla gara d’appalto. La commissione giudicatrice, nel valutare le offerte proposte da tre associazioni temporanee d’impresa, nel settembre del 2007 aveva decretato l’aggiudicazione dell’appalto all’Ati “Siemens Medical Solution Spa”, con un’offerta di quasi 13 milioni di euro più Iva, “chiavi in mano”.

Nel novembre 2007, però, una delle Ati concorrenti (composta dalla società lombarda “GE Medical System Italia S.p.a.” e dalla ditta reggina “Edilminniti”) ha proposto ricorso al Tar Calabria per l’annullamento dell’aggiudicazione della gara, a causa di alcune difformità fra il progetto dell’azienda ospedaliera e le offerte presentate dalle altre aziende, in merito alla realizzazione di alcune infrastrutture e all’installazione di specifiche apparecchiature.

Il ricorso è stato accolto dal Tribunale amministrativo e quella sentenza è stata poi confermata dal Consiglio di Stato. Nel marzo 2010 sono inziati lavori e l’ospedale aveva previsto un esborso totale di 18 milioni di euro per la realizzazione delle infrastrutture, comprensive di arredi e, soprattutto, per la fornitura di avanzate e costose apparecchiature biomedicali, acquistate con un contratto di locazione finanziaria. A cinque anni dalla gara d’appalto, quindi, il “Centro Cuore” è stato completato e collaudato nel dicembre 2011.

A quel punto è entrato in gioco il Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della Regione Calabria che ha vietato all’ospedale di assumere il personale medico e paramedico specializzato che avrebbe dovuto consentire l’attivazione e l’entrata “a regime” della struttura. La cosa incredibile, infatti, è che chi ha redatto il bando non aveva previsto le risorse finanziarie per l’assunzione del personale specializzato. “Centro Cuore” bloccato, dunque, ma non le rate del leasing da 500mila euro al mese che la sanità pubblica sta ancora pagando assieme alle costo per la manutenzione onerosa (quella gratuita è già scaduta) di macchinari mai utilizzati.

A queste spese vanno aggiunte, stando alla segnalazione della guardia di finanza alla Corte dei Conti, quelle della “migrazione sanitaria” che ammonterebbero a circa 39milioni di euro l’anno. È questa la cifra che, complessivamente, la Regione paga per i calabresi costretti a curarsi altrove mentre non è ancora operativo un intero nuovo reparto d’avanguardia dotato di due sale operatorie (di cui una ibrida), 10 posti letto di degenza e altrettanti di terapia intensiva, attrezzato di sala multimediale, ambulatori e locali. Questi 39 milioni di euro potevano essere ridotti se i pazienti che necessitavano di cure cardiovascolari avessero potuto affidarsi alla struttura reggina.

La Corte dei Conti adesso dovrà valutare la ricostuzione del nucleo di polizia tributaria, guidato dal colonnello Domenico Napolitano, che ha trasmesso l’informativa anche alla Procura della Repubblica. E i calabresi, intanto, continuano a emigrare per cure che potenzialmente potrebbero effettuare a Reggio.

Articolo Precedente

Aler, l’appalto milionario che per dieci anni finisce sempre alla stessa azienda

next
Articolo Successivo

Catania, non c’è posto nei tre ospedali cittadini: neonata muore in ambulanza

next