Il giorno dopo l’Eurogruppo sul debito greco, che si è chiuso con un nulla di fatto, la Banca centrale europea concede più ossigeno agli istituti di credito del Paese. Il Consiglio dell’Eurotower, che la scorsa settimana aveva deciso a sorpresa di non accettare più, a partire da oggi, i titoli di Stato greci in pancia alle banche elleniche in cambio di soldi freschi, si è infatti riunito nel pomeriggio in videoconferenza e, secondo i quotidiani tedeschi HandelsblattFrankfurter Allgemeine Zeitung, ha deciso di alzare di 5 miliardi di euro, a 65 miliardi complessivi, la disponibilità dell’Emergency liquidity assistance (Ela). Cioè la misura di emergenza che permette alle singole banche centrali nazionali di erogare denaro a un istituto temporaneamente in difficoltà. Mario Draghi e i governatori delle banche centrali dell’Eurozona si sono quindi convinti a non sgonfiare il salvagente che tiene a galla gli istituti di credito di Atene, messi a dura prova da una “corsa agli sportelli” che tra dicembre e gennaio ha portato i greci a ritirare oltre 15 miliardi di depositi.

La decisione arriva a poche ore dalla conclusione, a Bruxelles, del vertice straordinario tra i ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Eurozona. Una riunione che si sperava potesse essere decisiva e invece non ha portato a nulla. “Abbiamo fatto progressi, ma non abbastanza per firmare un documento congiunto”, è stato il commento con cui il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha riassunto lo stato delle trattative sul programma di aiuti finanziari alla Grecia e il piano di riforme concordato dal precedente governo di Atene con la troika. Le posizioni restano così distanti che non è stato nemmeno diffuso un comunicato ufficiale: “Non ci sarebbe stato accordo sulla terminologia”. Capolavoro di diplomazia la dichiarazione del ministro delle Finanze del Lussemburgo Pierre Gramegna, secondo cui “ci siamo accordati su un modo per andare avanti”. Mentre il ministro del Tesoro italiano, Pier Carlo Padoan, ha parlato di “discussione fruttuosa, a tratti un pochino franca nei toni”, ha spiegato. Mentre la presidente dell’Fondo monetario internazionale Christine Lagarde, presente alla riunione, si è limitata a “ascoltare i piani del nuovo governo greco”. Morale: tutto è rimandato a lunedì, quando nella capitale belga è convocato un altro Eurogruppo. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si è detto “molto preoccupato”. Mentre Angela Merkel, arrivando giovedì al vertice informale Ue, ha detto che “la Germania è pronta a cercare un compromesso, che si ottiene quando i vantaggi superano gli svantaggi”, ma “bisogna ricordarsi che la credibilità dell’Europa poggia sul rispetto delle regole“.

I titolari delle Finanze dei 19 Paesi che hanno adottato la moneta unica hanno ascoltato il piano del nuovo collega greco Yanis Varoufakis ma si sono scontrati sull’estensione del programma europeo di sostegno finanziario ad Atene, che l’Eurogruppo ha proposto di prorogare di sei mesi. La bozza di documento proposta dall’Eurogruppo e rifiutata dall’economista greco-australiano prevedeva, secondo l’agenzia Reuters, che le autorità greche lavorassero “a stretto contatto e in modo costruttivo con le istituzioni per esaminare la possibilità di estendere portare a compimento con successo il presente programma, inserendolo nei piani del nuovo governo”. Ipotesi che Alexis Tsipras non prende nemmeno in considerazione: come il premier ha chiarito domenica presentando il proprio programma al Parlamento, “il nostro governo non può chiedere un’estensione degli errori”. Il dilemma è sempre lo stesso: il programma prevede una serie di condizioni e misure di austerità ritenute irricevibili da Atene, a partire dall’obbligo di mettere a segno un avanzo primario del 3 per cento. Il che comporta un’ulteriore riduzione della spesa pubblica e/o un aumento delle entrate tributarie, impossibili da ottenere, secondo Tsipras, senza affossare ulteriormente un’economia già in estrema sofferenza. D’altro canto, senza una proroga il Paese si avvia verso una crisi di liquidità che potrebbe spingerlo fino all’uscita dall’euro.

Per ora Varoufakis, secondo cui la riunione di ieri è stata “molto costruttiva”, non rinuncia ai capisaldi del piano messo a punto nelle scorse settimane: attuazione solo del 70% delle riforme concordate con la troika (con cui peraltro non intende più negoziare), emissione di titoli di Stato a breve termine per 8 miliardi di euro da vendere al fondo salva-Stati della zona euro (Efsf) per ottenere ossigeno finanziario per i prossimi mesi, recupero degli 1,9 miliardi che la Bce ha guadagnato acquistando bond greci, riduzione dell’avanzo primario dal 5% all’1,5% del Pil. Infine, sostituzione della troika con la consulenza dell’Ocse.

 

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