Continua a tenere banco il dibattito sulla fine della maggior tutela nell’energia e il passaggio anche per famiglie e piccole imprese al libero mercato. Le ultime bozze del Ddl concorrenza confermano infatti l’intenzione di dire stop al sistema in tempi relativamente brevi. La deadline è segnata per il 30 giugno 2015 per il settore del gas e per le piccole aziende che utilizzano l’energia elettrica (con meno di 50 dipendenti e con un fatturato non superiore a 10 milioni di euro) e per il 30 giugno 2016 per il rimanente settore dell’energia elettrica. La maggior tutela è rivolta a famiglie e piccole imprese che decidono di non entrare nel mercato libero e quindi non scegliere il fornitore. In questo caso è l’Autorità per l’energia e il gas (Aeeg) a fissare le condizioni economiche e contrattuali delle tariffe.

In generale, sono quasi tutti concordi nel dire che prima o poi bisogna aprire alla concorrenza e dare la possibilità ai consumatori di scegliere autonomamente il prezzo più conveniente. C’è però chi è convinto che i tempi non siano maturi. Il mercato dell’energia – sostiene Federconsumatori – è ancora caratterizzato da “una pessima concorrenza”, “irregolarità”, “scarsa trasparenza” e “comportamenti scorretti e spregiudicati” da parte di molte aziende. Motivi per cui “nella maggior parte dei casi chi è passato al mercato libero ha pagato di più l’elettricità e il gas”. Dunque, avvisa l’associazione, finché la situazione è questa, “il mercato di maggior tutela nell’energia va mantenuto”. Più netta la posizione dell’Unione nazionale consumatori, secondo cui il sistema non va toccato, né ora né mai: l’eliminazione dei contratti a maggior tutela è una “decisione immorale”. Così si crea una situazione dove sarebbero solo le “società a stabilire i prezzi e non è difficile immaginare un aumento in bolletta per i piccoli clienti: troppo grande è, infatti, la disparità di potere contrattuale fra gli operatori energetici ed i piccoli consumatori”. Motivi per cui gli esperti dell’Osservatorio SuperMoney, portale per la comparazione delle tariffe, cercano di gettare un salvagente a famiglie e piccole imprese. L’Osservatorio consiglia di muoversi con anticipo, confrontando le opportunità offerte dal mercato ed affidandosi esclusivamente a informazioni chiare e trasparenti. In oggi caso, bisogna optare per tariffe a prezzi bloccati, in grado di offrire maggiori garanzie contro improvvisi rincari.

In effetti, l’ultima relazione dell’Autorità per l’energia fa emergere che le famiglie passate al mercato libero hanno sottoscritto mediamente contratti più onerosi rispetto al mercato di maggior tutela, del +16,7% nel settore dell’energia elettrica (+42,5 euro annui per il consumo di una famiglia media) e del +7,9% nel settore del gas (+68,2 euro annui). La maggiore spesa complessiva è stata di circa 121 euro annui. In passato la stessa Autorità ha più volte frenato sui tempi della fine del sistema, rimarcando che siamo di fronte ad un mercato insidioso, con pratiche scorrette da parte di alcune aziende e un livello di consapevolezza dei consumatori ancora troppo basso. In attesa del ddl, l’Aeeg ha quindi messo il tema al centro del suo Quadro strategico 2015-2018. In particolare, l’authority promette di intensificare la sinergia con l’Antitrust, migliorando le procedure di controllo e vigilando sulle variazioni dei prezzi offerti ai consumatori già nei 6 mesi precedenti e nei 12 mesi successivi alla cancellazione dei mercati tutelati.

In questo quadro, c’è però anche chi la pensa all’opposto. Secondo l’Istituto Bruno Leoni, nei Paesi in cui il mercato del gas è stato completamente liberalizzato i prezzi al consumo sono scesi. L’Ibl, basandosi sui dati di Acer e della Commissione europea del 2012, evidenzia che a pagare di meno il gas (tasse incluse) sono i consumatori inglesi, con 5,62 centesimi di euro per kilowattora equivalente. Seguono estoni con 5,76 centesimi per kWh e irlandesi con 6,56 centesimi. L’Ibl sottolinea che Estonia e Regno Unito hanno completamente liberalizzato il settore mentre l’Irlanda mantiene le tariffe regolate solo per i consumatori domestici ma con forti incentivi per il cambio di venditore. Questi Paesi hanno i tassi di passaggio da un fornitore all’altro (switching) più elevati d’Europa, superiori al 10%. I prezzi sono invece più alti nei Paesi dove c’è poca liberalizzazione e i tassi di di switching sono dimezzati: in Danimarca si pagano 11,28 centesimi per kilowattora, in Italia 9,09, in Grecia 8,08. “Il superamento dell’attuale regime di tutela per i consumatori domestici nel mercato del gas aiuterebbe a rendere il mercato più dinamico facendo leva sui benefici della liberalizzazione”, sostiene l’Ibl. Parole in linea con quel che ha detto più volte l’Antitrust, secondo cui la maggior tutela ostacola la competizione e frena la liberalizzazione del settore avviata nel 2000.

Tuttavia, provvedimenti legislativi a parte, sembra che il mercato stia decidendo da solo. Gli ultimi dati del rapporto previsionale al 2017 dell’Acquirente unico dicono che nell’elettricità si è verificata una migrazione verso il mercato libero, con un tasso di switch del 4,5%. Nel 2014 il fabbisogno di elettricità per il mercato tutelato è diminuito del 10,5% a 62,8 TWh e dovrebbe calare ancora nel prossimo triennio (l’Acquirente unico stima -7,3% nel 2015). Tuttavia il 62% delle famiglie che è passato la libero mercato ha scelto una società collegata al loro precedente fornitore in maggior tutela. Segno, probabilmente, di una certa difficoltà a tagliare totalmente il cordone ombelicale.

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