Tornano in mente le poche parole di Jena, alias Riccardo Barenghi, sulla Stampa di qualche giorno fa: “Ricordatevi che il Nazareno dopo tre giorni è risorto”. Denis Verdini usa – secondo quanto riporta oggi Francesco Verderami sul Corriere – una metafora assai più profana: “Come Mike Bongiorno, sto lì: busta numero uno, busta numero due e busta numero tre”. La mente corre a un imberbe Matteo Renzi che al cospetto del grande Mike (che il centrodestra candidò a un certo punto a senatore a vita) nel 1994 partecipava alla Ruota della Fortuna, portato peraltro là da uno zio amico di Silvio Berlusconi, e vinceva parecchi milioni (di lire). Una girandola di suggestioni, insomma, tutte a loro modo coerenti con il punto fermo che emerge dai retroscena poltici: Verdini, lo sconfitto silente e illividito dopo l’elezione di Mattarella al Quirinale e la dichiarata frantumazione del patto fra Renzi e Berlusconi, in realtà medita la vendetta e soprattutto la rivincita sul cerchio magico berlusconiano. Per la precisione, scriverebbe Verdini in alcuni appunti di cui oggi Verderami dà conto: “Mi sento sollevato, libero da responsabilità. Osservo nani e ballerine far festa per la fine del Patto. Io sto seduto sulla riva del fiume in attesa di pescare qualche pesciolino”. E qui parte l’accenno ermetico a Mike Bongiorno e alle sue celebri buste.

Verdini smentisce: “Su diversi quotidiani mi vengono attribuite frasi e dichiarazioni nelle quali non mi riconosco”, fa sapere in una nota. “Non è mai stato mio costume parlare con i giornalisti, riceverli nel mio ufficio nè tanto meno distribuire loro miei appunti personali, come invece sembra dall’articolo di Francesco Verderami”. Fatto sta che il combinato disposto delle indiscrezioni romane dipinge l’ufficiale di collegamento tra il leader di Forza Italia e il premier-segretario Pd tutt’altro che rassegnato. Il fiorentino Verdini Renzi lo conosce bene. Dietro la piaciosa apparenza mediatica, tra un tweet e una slide, “Silvio non ha capito che questo qui non fa prigionieri”, è la sua tesi. “Matteo lo ammazza, non scherza, mica è D’Alema che abbaiava solamente. E siamo solo all’inizio”. Altre metafore altre suggestioni. Nel caricatore di Renzi ce n’è abbastanza per impallinare l’ex Cavaliere, negli scorsi decenni più volte caduto e più volte risorto (sempre  aproposito di Nazareno…), spesso grazie a provvidenziali aiutini provenienti da centrosinistra (ricordate la Bicamerale?): la riforma salva-Silvio della frode fiscale, innanzitutto, ma anche la partita appena aperta delle frequenze tv, l’intrevento sulla prescrizione e la sorte di chissà quali altri cavilli – presenti o venturi – che possano aprire o serrare il chiavistello della riabilitazione dopo la condannna al processo diritti tv e/o dell’incandidabilità ex legge Severino. Tutti ottimi argomenti per cui l’ufficiale di collegamento prevede di essere richiamato presto in servizio.

Ma la partita di Verdini è tutta interna a Forza Italia. Facile intuire di quali “pesciolini” attenda paziente il passaggio l’artefice del Patto del Nazareno, il già trumviro nei coordinatori del Pdl. Il riferimento è al cerchio magico di Silvio Berlusconi, la fidanzata Francesca Pascale, la “badante” Maria Rosiaria Rossi, il “consigliere politico” Giovanni Toti… Quelli che hanno gioito – irresponsabilmente, secondo lui – alla fine della magica intesa, dop lo strappo su Giuliano Amato e all’ascesa di Sergio Mattarella al Colle. Di fronte a un Matteo Renzi baldanzoso e strafottente che assicura di avere lo stesso “i numeri”, pescati in Parlamento tra i nuovi “responsabili”. Che cosa succederà ora? La soluzione, forse, è ancora racchiusa nelle buste di Verdini: la uno, la due o la tre, amici ascoltatori?

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