Nella maggior parte delle scuole dell’infanzia si studia inglese ma un docente su cinque ha una bassa abilitazione e non ci sono aule dedicate. È la fotografia presentata dal rapporto sulle “Esperienze di insegnamento in lingua straniera” elaborato dal ministero per la Pubblica Istruzione, tramite un questionario rivolto a 1740 scuole di cui 1425 statali e 315 paritarie, situate in diciotto regioni. La ricerca ha coinvolto 257.713 allievi di cui 29.150 non italofoni (11%).

Un primo dato che emerge è che l’inglese è la lingua che viene offerta per la maggiore (1430 scuole su 1740). Le altre lingue ormai sono state archiviate: si insegna il francese solo in 24 istituti, lo spagnolo in dodici scuole, il tedesco in sette e infine l’arabo e il cinese. Una scelta che trova il plauso dei genitori e soprattutto dei docenti della scuola primaria che accolgono con entusiasmo i bambini che hanno già fatto all’infanzia l’esperienza di imparare la lingua straniera.

Il neo resta quello della formazione dei docenti: molti insegnanti dichiarano di aver seguito corsi di formazione in servizio, di avere una certificazione internazionale di lingua straniera ma la competenza linguistica della maggior parte dei docenti di riferimento si attesta tra i livelli B1 e B2 e in alcuni casi persino a livelli inferiori. L’analisi dei dati del sondaggio mostra che la scelta del docente per le attività di insegnamento ricade sul personale interno alla scuola (49,4%). Una scelta bilanciata da una percentuale significativa di docenti esterni all’istituto (49,1) composta da un 31,4% di docenti non madrelingua qualificati e solo da un 14,6% di professori madrelingua specialisti.

La ricerca del Miur mette in evidenza che l’84% delle scuole ha attivato vere e proprie forme di insegnamento anche nella scuola dell’infanzia mentre sono il 53,4% quelle che hanno preferito un’attività di sensibilizzazione alla lingua straniera. Tuttavia il 48,7% dichiara di aver attivato entrambe le soluzioni. La maggior parte inizia nelle sezione dei “grandi” (5 anni) ma ci sono realtà dove si è cominciato a 3 o 4 anni: gli interventi delle scuole in genere (62,5% dei casi) si svolgono una volta alla settimana e gli incontri hanno una durata media di 30 minuti. Solo il 9,8% dei plessi ha la lezione di lingua una volta al mese.
Ma come si insegna l’inglese in Italia ai bambini così piccoli? Le attività più citate dal monitoraggio sono quelle ludiche: giochi di ruolo, in lingua, filastrocche, attività con la musica, canti, balli, forme di drammatizzazione, esercizi mimico gestuali, lavori manuali, fiabe, uso della flashcards, di marionette o di giochi di società. Molti maestri si avvalgono anche di finger friends, di poster, risorse multimediali o la lavagna interattiva multimediale.

Sia nelle attività di insegnamento (68,3%) sia in quelle di sensibilizzazione (57,3%) i docenti usano sempre la lingua straniera per dialogare con i bambini. Poche scuole statali (15,9%) hanno un’aula dedicata, al contrario delle paritarie che dichiarano di essere dotate di uno spazio apposito (27,9%). Va rilevato, infine, che l’offerta della lingua straniera alla scuola dell’infanzia è a pagamento solo nel 21,1 % dei casi mentre il 62,3% degli istituti non richiede alcun esborso alle famiglie. Il 16,6 % , invece, ha preferito non rispondere a questa domanda.

Articolo Precedente

Isee, il nuovo calcolo non agevola gli studenti. Anzi

next
Articolo Successivo

Cremona, ora religione per musulmani e non credenti: “Proposta, non catechismo”

next