Cosa nostra ha subito una “metamorfosi rigenerativa” ed è passata da un assetto gerarchico, compatto e rigidamente ancorato al territorio,”verso forme più flessibili delle sfere di influenza”. Ciò nonostante dal circuito carcerario continuano provenire “autorevoli ordini di scuderia” e “ciò conferisce duttilità ai sodalizi che appaiono plasmarsi in funzione degli obiettivi da conseguire”. Lo rileva la Dia nella relazione al Parlamento, secondo cui l’organigramma della mafia, “sempre militarmente connotato, subisce periodiche mutilazioni dovute “al crescente arruolamento di manovalanza straniera e, perfino, di nomadi”.

Ai ruoli apicali di Cosa nostra ci sono persone “dal curriculum criminale privo di background” e senza la “leadership che connotava gli storici capi clan”. Le nuove leve sono inoltre “animate dalla bramosia di facili guadagni” da ciò deriva l’allontanamento “da taluni stereotipi mafiosi di riserbo e prudenza e dall’adesione incondizionata al ‘codice d’onore’ a scapito di una riservatezza già fortemente erosa dall’uso delle moderne tecnologie”.

E proprio per la facilità e velocità con cui procura denaro contante è il business del gioco d’azzardo quello che più attrae le nuove leve. Un settore che “annualmente garantisce una cospicua fetta di guadagno, e si alimenta attraverso l’imposizione ed il piazzamento di slot machine alterate negli esercizi commerciali”. Questo ambito offre inoltre l’opportunità “di ripulire i proventi delle attività criminali attraverso i paralleli canali del gioco legale”.

Nella Relazione semestrale viene sottolineata anche la capacità della ‘ndrangheta di infiltrare sempre di più la sfera politico-amministrativa degli enti locali calabresi. Gli episodi di condizionamento che affliggono gli enti locali calabresi, evidenzia la relazione, sono diventati una ciclica emergenza che perdura da tempo e che pone, anche nel 2014, la Calabria quale regione interessata dal più alto numero di provvedimenti di scioglimento di Comuni per infiltrazione mafiosa: complessivamente 14.

Ma il fenomeno, avverte la Dia, non è circoscritto alla Calabria. La maggiore incidenza numerica dei provvedimenti in parola in quella regione “può essere legata, oltre ad una particolare virulenza del fenomeno, anche ad una più accentuata sensibilità ed incisività delle istituzioni preposte al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, nel penetrare e vigilare sulle realtà locali, individuandone eventuali distorsioni”. Dunque, prosegue la Relazione, “non deve essere sottovalutata la specifica capacità della criminalità calabrese di infiltrare enti ubicati in aree anche lontane sfruttando presenze consolidatesi da decenni anche a seguito di immigrazione“. In proposito si segnala la prosecuzione della gestione commissariale presso il Comune di Sedriano (Milano), sciolto nell’ottobre 2013.

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