Cancelli divelti, inferriate squarciate, erba incolta, alberi sfregiati, panchine abbattute, giochi per bambini rovinati . E sporcizia dappertutto. E’ la triste fotografia della maggior parte dei parchi giochi genovesi. Quattrocento in tutta la città, alcuni (come quello al Porto Antico) sono semplici aree di cemento attrezzate con scivoli e altalene, altri invece sono stati ricavati all’interno dei giardini delle ville patrizie ereditate dal Comune di Genova nel corso del XX secolo: Villa Gambaro, in Albaro; Villa Doria a Pegli, Villa Gavotti a Sestri Ponente e tante altre. Questi spazi ludici e di ricreazione sono speso trasformati in gabinetti per cani – le multe fino a 100 euro non sono un deterrente – vittime di atti di vandalismo gratuiti ai danni delle attrezzature ludiche, ricettacolo di sbandati e tossicodipendenti che hanno costretto in qualche caso ad eliminare le fontanelle dell’acqua.

L’elenco è davvero lungo. E sconfortante. Il Comune ha già alzato le braccia in segno di resa. “Da soli non siamo in grado di fare di più – ammette l’assessore alle manutenzioni, Gianni Crivello – per il 2015 conto di confermare, e se possibile incrementare, lo stanziamento di 200mila euro. Ma la gestione dei 400 parchi-gioco cittadini, un milione e 300mila metri quadrati di verde attrezzato, richiede ben altro. Senza l’apporto dei volontari, la battaglia sarebbe perduta”. Capita infatti sempre più spesso che aree verdi comunali siano affidate in gestione a volontari, associazioni o privati. Il totale ha toccato le 292 unità (ben oltre la metà delle strutture quindi), mentre 82 sono le aiuole e gli spazi verdi dati in adozione a sponsor (supermercati, aziende, concessionarie di automobili ecc) che ne curano la manutenzione pagando i costi della falciatura dell’erba e della pulizia. E 312 sono gli orti urbani.

La città di Genova a fine Ottocento era celebre per la bellezza dei suoi giardini e dei suoi parchi, rigogliosi e coloratissimi, perfettamente conservati dalla mano pubblica e da facoltosi privati. Con l’avvento del nuovo secolo e l’industrializzazione gli spazi verdi si restrinse, ma venne conservata la vocazione alla cura di piante e fuori. Il mitico ingegner Viacava, responsabile del verde pubblico, si faceva vanto di presentare parchi e giardini in ordine perfetto, curati da stormi di giardinieri espertissimi e alimentati dalla straordinaria ricchezza delle specie floreali alloggiate nei fornitissimi vivai comunali. Altri tempi. Con gli anni Ottanta progressivamente la cura del verde si è affievolita e Genova ha perduto una delle sue gemme.

Un caso per tutti. Il parco dell’Acquasola, in pieno centro, da oltre vent’anni è sfregiato da un cantiere per la costruzione di un parcheggio sotterraneo che aveva innescato una lunghissima controversia giudiziaria conclusa proprio pochi mesi fa. Il parcheggio non si farà, in compenso l’aerea che ha visto giocare e crescere tante generazioni di genovesi è devastata, gli alberi improvvidamente tagliati non sono stati sostituiti e a colpo d’occhio l’impressione è desolante. Anche i celebri parchi di Nervi, che racchiudono un patrimonio straordinario di specie esotiche, sono minacciati dall’incuria. In compenso, il Comune ha recentemente eseguito l’abbattimento di centinaia di alberi secolari nei quartieri a monte – con la giustificazione che si trattava di alberi ammalati – scatenando la rabbia dei residenti. Altri 400 fusti sono sotto osservazione e potrebbero subire la stessa sorte. Il turno over è ridotto al minimo e comunque un albero secolare abbattuto non può essere rimpiazzato decentemente, a breve, con una pianticella prelevata dal vivaio comunale. Genova è sempre meno verde.

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