Tutto a posto e niente in ordine. Così recitava il titolo d’un vecchio film di Lina Wertmuller. E proprio così – con un ‘tutto a posto’ o, più specificamente, con un ‘tutto sembra indicare che s’è trattato di un suicidio – il capo della Secretaria de Seguridad de la Nación, Sergio Berni, aveva offerto al paese, la mattina di lunedì 19 gennaio, la prima versione della morte del giudice Alberto Nisman. Tutto tragico, ovviamente. Ma anche tutto piuttosto chiaro. Nisman s’è tolto la vita – aveva detto, o aveva lasciato intendere Berni –  perché incapace di reggere il peso d’un capo d’accusa (quello da lui stesso aveva lanciato contro la presidenza della Repubblica) destinato a sbriciolarsi, per la sua inconsistenza, di fronte alla verifica parlamentare prevista per quello stesso giorno. Tutto a posto, dunque. E, per l’appunto, niente in ordine. Perché fuori da ogni ordine era il fatto che proprio lui – kirchnerista di ferro e titolare d’un portafoglio creato da Cristina Fernández nel 2010 come una sorta di super-ministero degli interni – fosse stato il primo a frequentare il luogo del delitto (o del non-delitto), anticipando d’almeno un’ora polizia e giudici inquirenti, per poi presentare ai media, con rassicuranti toni, la prima ricostruzione della tragedia. Che cosa ci faceva Sergio Berni, nell’appartamento di Puerto Madero? Fin  qui nessuno ha dato a questa domanda una risposta convincente…

Tutto a posto e niente in ordine. Questo sembra in effetti essere, non il titolo, ma il ‘leitmotif’ d’una tragedia che davvero – quando non scade nella farsa – ha molto in comune con il melodramma wagneriano. Particolarmente nel punto in cui più alta e solenne si fa la musica. Vale a dire: nelle parole con le quali la ‘presidenta’ Cristina Fernández de Kirchner – che ieri ha finalmente parlato alla Nazione a reti unificate – ha fin qui commentato la morte del ‘fiscal’ Alberto Nisman. Parole (scritte e parlate) nelle quali, più che in ogni altro luogo di questa tenebrosa trama, tutto è perfettamente a posto e tutto è incredibilmente in completo disordine. Tutto è perfettamente a posto perché quello che Cristina ha offerto al paese in due successivi messaggi diffusi via Facebook (e poi ribadito nel discorso di ieri notte in TV) è una verità definitiva. E, nel contempo, tutto è in completo e surreale disordine perché di quella verità la ‘presidenta’ ammette di non avere prova alcuna. No tengo pruebas, pero tampoco tengo dudas’…. 

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Proviamo a riassumere. Il primo ed assai divagante messaggio via Facebook di Cristina, sostanzialmente rifletteva il ‘tutto a posto’ di Berni. Ovvero: la tesi d’un suicidio causato dai sensi di colpa d’un giudice consapevole della insostenibilità delle sue accuse contro il governo. Un caso, in sostanza, di cattiva coscienza chiuso da un colpo di pistola alla tempia. Ma solo poche ore più tardi, presumibilmente dopo aver valutato le reazioni della pubblica opinione di fronte alla tesi del suicidio, la sua posizione è radicalmente cambiata. Nisman, ha affermato la ‘presidenta’ nel suo secondo messaggio, è stato assassinato. E ad ucciderlo sono state le stesse persone che gli hanno consegnato, a busta chiusa, il plico con le accuse contro il governo. Da parte consapevole d’un complotto (spinto poi dai rimorsi e dalla paura al suicidio), Nisman è diventato, per misteriosi motivi, il più idiota degli utili idioti, una sorta di burattino in mano al quale forze sinistre hanno deposto, con l’ordine di firmarlo e difenderlo, un documento del quale il ‘fiscal’ neppure è arrivato a conoscere i contenuti. Un robot al quale i padroni del telecomando hanno staccato la corrente al momento giusto perché, ha sottolineato Cristina Fernández, il j’accuse contro il governo – troppo debole, troppo dilettantesco e ridicolo – non era mai stato il vero obiettivo del complotto. Il vero obiettivo era, in effetti, la stessa morte di Nisman, il suo cadavere – il cadavere d’un giudice accusatore – da gettare tra le gambe del governo.

Ovvia domanda: a chi appartengono le ‘forze sinistre’ che quel documento hanno messo in mano all’ ‘inconsapevole’ Nisman? Il grande convitato di pietra dei messaggi di Cristina – il braccio e la mente della congiura omicida contro di lei orchestrata è, con tutta chiarezza, Antonio Horacio ‘Jaime’ Stiusso, storico capo del controspionaggio della SIDE, che la presidenta ha, al termine d’una sorda lotta intestina tra servizi, sostituito solo pochi mesi fa. Vale a dire: l’uomo che proprio suo marito Néstor Kirchner, nel 2004, aveva posto al fianco di Alberto Nisman (un’altra sua scelta) perché insieme imprimessero una nuova svolta alle indagini sulla strage dell’AMIA, impantanatesi, regnante Menem, nella melma di troppi scandalosi depistaggi. Lo stesso Stiusso il cui tenebroso strapotere era stato pubblicamente denunciato, in quel medesimo 2004, dall’allora ministro della Giustizia, Gustavo Béliz, che fu per questo messo alla porta da Néstor e dovette, per ragioni di sicurezza, riparare all’estero con tutta la famiglia…Se ‘Jaime’ Stiusso (che peraltro non è fin qui parte delle indagini in corso) è davvero il ‘mostro’ che Cristina descrive, non v’è dubbio che, negli ultimi 12 anni, proprio in casa Kirchner quel mostro è stato allevato…

Parlando ieri notte alla Nazione, Cristina ha, nel ribadire la sua ‘verità senza prove’, annunciato anche una “radicale riforma” dei servizi segreti. Ovvero: ha assicurato al paese la sua intenzione di chiudere la stalla quando i buoi che il kirchnerismo ha per una dozzina d’anni custodito (ed assai spesso usato) sono ormai fuggiti…Non v’è dubbio alcuno: vera o falsa che sia la verita di Cristina, tutto in Argentina continua ad essere a posto. E tutto resta nel più assoluto disordine…

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