Dal 22 gennaio 132 studenti disabili della provincia di Sassari sono nelle condizioni di vedersi negato il diritto allo studio. Motivo: mancano i soldi per pagare la loro assistenza scolastica specialistica e, per 77 di loro, anche il trasporto dall’abitazione agli istituti superiori dove frequentano le lezioni. Se per quest’ultimo toccherà ai genitori sacrificarsi, in molti casi l’assenza di operatori socio sanitari – in grado di assistere le ragazze e i ragazzi diversamente abili nelle loro necessità fisiologiche, cognitive ed educative – si tradurrà nell’impossibilità di proseguire il percorso scolastico intrapreso, con le pesanti ricadute conseguenti.

Il pasticcio si deve ad un mix di responsabilità. Il servizio costa infatti circa 1,2 milioni di euro ad anno scolastico, coperti per un terzo dalla Regione Sardegna e per i restanti due terzi dalla Provincia di Sassari. La Regione ha versato la sua parte, con una piccola aggiunta di 80mila euro a fine 2014, assicurando così le prestazioni fornite fino a ieri dalla cooperativa affidataria, ma mancano completamente i 680mila euro della Provincia per andare avanti. L’assessore Rosario Musmeci spiega il motivo a ilfattoquotidiano.it: “Lo Stato ci ha tolto l’80% delle risorse finanziarie per la spesa corrente ed io avevo già messo negli anni precedenti tutto quanto a mia disposizione per garantire questo servizio. Feci presente il problema anni fa in Regione e ho avuto modo di ripresentarlo all’assessora regionale Firino sin da aprile 2014, chiedendo alla Regione di fissare standard regionali per il servizio (oggi ogni Provincia ha i suoi, ndr) e risorse adeguate a gestire la situazione”.

Ma nulla a quanto pare è stato fatto. Musmeci contesta inoltre alla Regione di aver tenuto inalterato il suo contributo sul servizio nonostante negli anni questo abbia raddoppiato gli utenti. Raggiunta da ilfattoquotidiano.it l’assessora Claudia Firino respinge al mittente le accuse: “Il problema è serio e per rimediarvi ho disposto un emendamento alla Finanziaria che sarà in discussione questa settimana, oltre ad aver disposto l’aumento di 1 milione di euro per il fondo di riferimento, ma vale la pena chiedersi come mai l’unica provincia sarda ad avere questo problema sia quella di Sassari”. Ponendo al centro l’utenza, perché, chiediamo, questo aiuto risolutivo non è potuto arrivare prima? “Il servizio è in carico alla Provincia tramite il fondo unico e co-finanziato dalla Regione per una parte minoritaria; non potevamo sopperire integralmente, come l’assessore Musmeci sapeva da tempo. Da disabile comprendo il problema dell’utenza e ai genitori di questi studenti giustamente non interessa chi doveva risolvere questi problemi amministrativi, importa il servizio. A Finanziaria approvata sarà riattivato”.

Quindi, calendario alla mano e salvo soluzioni d’emergenza, fino ai primi di marzo la situazione non sembra destinata a mutare, con buona pace delle famiglie interessate e dei lavoratori. La conclusione del servizio porta con sé, infatti, anche il problema occupazionale e 66 dipendenti della cooperativa affidataria (per lo più Oss) sono senza lavoro dal 22 gennaio. I sindacati hanno tentato un’ultima mossa con il prefetto di Sassari: la “precettazione” dei lavoratori – che in realtà non stanno scioperando – nell’idea di far riconoscere l’interruzione del servizio come “pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati”. Lavoratrici e lavoratori erano d’accordo, benché avrebbero dovuto attendere due mesi per vedersi riconoscere lo stipendio dovuto, ma il prefetto Salvatore Mulas, sentita la Regione, non ha avvallato l’operazione.

Il diritto allo studio – sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e dall’articolo 34 della Costituzione – trova l’ultima declinazione verso le persone diversamente abili nella legge 104 del 1992 dove si assicura che “la Repubblica garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società”. La normativa pone in carico alla scuola l’assistenza di base dei disabili, da svolgersi con personale tecnico ausiliario opportunamente formato, mentre affida a Comuni e Province l’assistenza specialistica ed educativa. Se per alcuni dei 132 studenti la frequenza scolastica potrebbe quindi proseguire con uno sforzo di genitori e scuola, laddove il personale – quando e se formato – sarà tenuto ad assistere ingresso, uscita e gestione dei bisogni fisiologici ed educativi dei ragazzi e delle ragazze con minor disabilità, chi di questi presenta limitazioni più gravi (motorie, cognitive o psichiche) potrebbe vedersi negato nei fatti un diritto costituzionale e scegliere di agire anche legalmente in tal proposito. Si troverà a riconoscere che se la violazione dei diritti subita è evidente, più difficile è capire chi ne è stato responsabile.

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