Non c’è giorno in cui non arrivi da qualche parte del mondo notizia di una legge a favore delle cosiddette famiglie di fatto. L’ultima, solo in ordine di tempo ieri in Cile, dove la Camera dei Deputati ha approvato con larga maggioranza il Pacto di Unión Civil, patto aperto anche alle coppie dello stesso sesso, riconoscendo importanti diritti in materia patrimoniale, di assistenza e di eredità, con la possibilità di avere la custodia dei figli biologici dell’altra parte della “formazione familiare”. Resta l’ultimo passaggio in Senato con esito dato ormai per certo. La coppia avrà lo status di “conviventi civili”.

E in Italia? A tutt’oggi, in fatto di diritti ai conviventi, insieme alla Grecia e a Cipro, in un’Europa con la quale tuttavia condivide linee di bilancio e divisione di competenze ma non certo gli stessi valori laici, pur essendo il nostro uno Stato laico, l’Italia resta Paese fra i più in-civili, senza una normativa per i conviventi, sia etero che omo. E nonostante il Concordato del 1984 abbia stabilito che non esiste più una religione di stato, e posto il principio di laicità con la oramai nota sentenza della Corte costituzionale n°203 del 1989, la Chiesa cattolica continua ad influenzare il dibattito sul tema facendone un fatto ideologico o di fede, anziché di diritto, il cui principio è che deve rispettare le esperienze dell’Uomo. È in pratica un esempio di sistema politico tipico di un “confessionalismo implicito”, dove tutte le istituzioni continuano a subire persuasioni e pressioni da parte delle organizzazioni cattoliche.

E che siamo un’enclave del Vaticano lo dimostra un fatto abnorme accaduto nel 2007 ma che potrebbe accadere ancora oggi: in Afghanistan un militare italiano, Lorenzo D’Auria salta su una bomba. Trasportato in Italia in coma profondo, dove ha una compagna con cui non è sposato e tre figli, viene unito con lei “in articulo mortis”. In pratica uno Stato laico riconosce validità giuridica a una norma del codice canonico per ottenere quello che, in uno stato di diritto basato sulla laicità, si dovrebbe ottenere attraverso una legge.

Durante il discorso all’assemblea nazionale del Pd, lo scorso giugno Renzi aveva promesso le unioni civili per le coppie omosessuali entro settembre. Siamo ancora qui a reclamarle. E sappiamo come è andata con la trascrizione dei matrimoni gay contratti all’estero da parte dei prefetti: il ministro dell’Interno Alfano in guerra contro le trascrizioni.

Siamo in-civili ma non possiamo dirci barbari, perché perfino loro erano più avanti di noi. Le popolazioni dei Franchi (5° secolo d.c.) durante le invasioni barbariche in Italia prevedevano due forme di unione: il Muntehe, matrimonio contratto permanente, e il Friedelehe, un’unione sì ufficiale, ma provvisoria. Poi è accaduto che con la diffusione della religione cattolica e l’adesione di queste popolazioni alla fede cristiana tali forme di unioni sono scomparse per lasciar posto al sacramento del matrimonio fondato sulla indissolubilità. E così è ancora o quasi, se consideriamo da quanti anni è ferma in parlamento una legge per accorciare i tempi del divorzio.

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