di Carblogger.it

Per Fca, sarebbe già ideale “un cambio a 1,10″, mi ha detto Marchionne a margine della conferenza stampa tenuta al Salone di Detroit quando gli ho chiesto se, come Matteo Renzi, sognasse un cambio 1 a 1 fra euro e dollaro. Insomma, segui il cambio come segui i soldi, “follow the money” disse Gola Profonda al reporter del Nyt Robert Redford quasi quarant’anni fa nel film sul Watergate (1976), modo per capire come stavano le cose.

E’ anche così, con il cambio a favore (“tailwind” il termine tecnico come per gli aerei) che l’amministratore delegato di Fca pensa nel 2015 di “aumentare la quota di export dall’Italia rispetto agli obiettivi” di Maserati, Jeep Renegade e Fiat 500X negli Stati Uniti. Nei primi 11 mesi del 2014 (dati Automotive News), le Maserati vendute oltreoceano sono state 11.531, prodotti con margini già record.

Ma Fca e Marchionne non sono soli a sognare l’America. Steve Cannon, capo di Mercedes Benz Usa, ha definito il dollaro forte “come un 20% di spinta del turbo”, alle vendite s’intende.

Negli ultimi sei mesi, il dollaro si è apprezzato del 15% sull’euro e sullo yen giapponese, del 6% sul won sudcoreano. Johan de Nysschen, neo amministratore delegato di Cadillac (marchio di lusso di Gm che ha perso il 6% negli Usa l’anno scorso e ha ora un piano quinquennale di investimenti da 12 miliardi di dollari) ha fatto notare a Detroit come la Mercedes abbia aumentato per la prima volta in America i propri incentivi all’acquisto di 10.000 dollari e “non ci sono dubbi che qualcosa altro di simile capiterà in futuro”.

Per chi esporta negli Usa, un cambio favorevole permette di avere un marketing più aggressivo, sia abbassando i prezzi e puntando sui volumi o, più credibilmente, di ridurre i prezzi in parte e di mettersi il resto in tasca. Le aziende giap hanno rimesso a posto i conti l’anno scorso con il “tailwind”.

Per Fca, Jeep Renegade e Fiat 500X sono prodotti relativamente poco appetibili negli Usa, in quanto piccoli. Anche se concorrenti come Mini Countryman hanno venduto lì (sempre da gennaio a novembre 2014) 20.704 unità, la Nissan Juke 36.000. Per Marchionne e per il lavoro a Melfi anche solo 30.000 pezzi oltreoceano in tutto nel 2015 sarebbero comunque un bel colpo.

Mercedes, pure con una buona base produttiva nel paese, esporta negli Usa (dati 2014)  il 35% dei propri prodotti,  Toyota il 29%, Nissan il 20%. Sempre a Detroit, Mark Fields, numero uno del gruppo Ford che non vende lusso, ha sparato a zero sui giapponesi e sulla loro politica di deprezzamento dello yen: “Siamo in grado di competere con chiunque nel mondo, ma non con la banca centrale del Giappone”.

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