Si chiama mal di primarie. E Matteo Renzi, abituato a intervenire su tutto, in questo caso preferisce restare alla larga, anche se la sua ascesa è partita proprio da lì. Eppure sul tavolo i motivi per prendere posizione c’erano tutti. Perché in ordine di tempo la sceneggiata ligure dei cinesi mandati a votare è solo l’ultimo dei casi. Poi Sergio Cofferati ha un cognome che nel centrosinistra ancora dice qualcosa e si è trasformato in un caso. Ma a Modena, per dirne una era accaduta la stessa cosa: file di immigrati al seggio. E, lo sapremo successivamente, tutti pagati. Alla procura della città che fu tra le più rosse d’Emilia c’è ancora un fascicolo aperto sul tavolo dei magistrati. Probabilmente finirà in qualche archivio, se reato c’è stato è difficile contestarlo, ma l’indagine esiste.

Accadde che (parliamo di qualche mese fa, aprile 2014) il candidato Paolo Silingardi presentò un esposto al Collegio di garanzia, e denunciò come dietro l’alta affluenza al voto degli stranieri si nascondesse un’operazione di pilotaggio di intere comunità straniere. Scrisse su Facebook Silingardi: “Pulmini e auto che scaricano gente, alcune persone che organizzano la fila e danno chiare indicazioni su chi votare”. La sera stessa arrivò anche la denuncia del leader della comunità filippina Gregorio Mendoza: “Ci hanno rimborsato il voto e pagato il pranzo per dare la nostra preferenza a Muzzarelli”. Nel frattempo Muzzarelli, seppur con qualche difficoltà e un ballottaggio sfiorato, è diventato sindaco. E il partitone, nella miglior tradizione, ha messo tutto a tacere.

Stessa situazione a Reggio Emilia. Con l’aggravante che in quel caso lo scambio di accuse è partito a primarie ancora da organizzare e non è mai terminato. Anzi, sospetti di brogli sono emersi anche dopo le amministrative. Risultato: un’inchiesta della Procura Antimafia.

All’epoca, a dare il via alle denunce è l’outsider Ernesto D’Andrea. Febbraio, manca un mese alle primarie per la scelta del candidato sindaco e lui già parla di “boicottaggi e nefandezze nella raccolta delle firme”. Le cose non vanno meglio dopo il voto. E’ addirittura la stessa commissione dei garanti del Pd ad ammettere “irregolarità ed episodi poco chiari”. Ma le schede vengono comunque validate, spianando così la strada al delfino di Delrio, Luca Vecchi. Che infatti due mesi dopo diventa sindaco. Ma dopo le elezioni, le ombre invece che ridursi si moltiplicano. Una manciata di schede, una trentina circa, segnata non solo con le stesse preferenze (a due nomi Pd) ma anche con la stessa calligrafia, gettano il sospetto che il voto sia stato inquinato. E anche la Dda di Bologna vuole vederci chiaro: le schede contestate si riferiscono Salvatore Scarpino e Teresa Rivetti, entrambi di origine calabresi. Un particolare che viene messo in relazione, in città, con la lettera anonima circolata a Reggio Emilia prima delle elezioni su presunti legami di parentela della moglie dell’attuale sindaco Luca Vecchi con ambiente calabresi.

E scendendo più giù, lungo la cartina dell’Italia, la situazione peggiora. Nel 2011, chiusi i seggi delle primarie per scegliere il candidato sindaco di Napoli, il Pd è costretto non solo ad annullare tutto, ma addirittura a commissariare il partito, mandando in città Andrea Orlando. Il tutto con strascichi giudiziari e una indagine della Procura Antimafia. I candidati in quel caso sono quattro, tra i quali l’ex senatore Umberto Ranieri, che fa incetta di consensi ovunque tranne che a Secondigliano, e Andrea Cozzolino, eurodeputato della corrente di Bassolino. Cozzolino alla fine vince solo grazie ai voti di Secondigliano, che sono tantissimi. Calcolatrice alla mano, sfiorano il numero degli elettori Pd alle ultime elezioni. Insomma, qualcosa non torna. Anche il Pd nazionale ammette: “C’è puzza di bruciato”. E così l’allora segretario Pier Luigi Bersani impone al vincitore di fare un passo indietro e decide di annullare tutto. Alla fine la vicenda spalancherà le porte a Luigi De Magistris, che di lì a poco diventerà sindaco.

Copione simile poco dopo a Palermo, dove si gioca la partita per la candidatura a sindaco. In gara ci sono Rita Borsellino e Fabrizio Ferrandelli. E anche qui compaiono comitive di immigrati e sospetti di voti comprati. Indagherà la Digos, mentre il comitato dei garanti alla fine si limiterà ad annullare il voto solo in un quartiere.

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