Una seduta fiume del Senato per approvare la legge elettorale. Palazzo Madama, dopo l’approvazione del maxiemendamento Esposito che racchiude tutte le modifiche fondamentali della riforma Italicum, ha ripreso la discussione sugli emendamenti mancanti. E intanto, il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha difeso il provvedimento su Twitter: “Quando finiranno le polemiche e leggeranno il testo, scopriranno che il Senato sta facendo una legge elettorale seria. Come promesso”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rilanciato poco dopo il messaggio, ritwittandolo al suo milione e mezzo di ‘follower’. Il voto finale verrà effettuato martedì 27 gennaio. Lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo, laddove le opposizioni avevano invece chiesto di posticipare il voto a dopo le elezioni del Capo dello Stato. Cosa che avverrà, invece, per la riforma costituzionale: la conferenza dei capigruppo della Camera ha deciso che il voto finale avverrà dopo l’elezione del presidente della Repubblica.

La legge elettorale nasce con la benedizione del patto del Nazareno, ma sono tante le polemiche dentro Forza Italia e il Pd. “Dare il premio di maggioranza alla lista”, ha commentato il leghista Roberto Maroni, “significa per il centrodestra essere candidato a perdere le elezioni: non è ipotizzabile un listone unico di centrodestra, non ci sono le condizioni”‘. Attacchi anche a sinistra del Partito democratico: “Tutto il processo”, ha detto Rosy Bindi, “che ha portato al voto in Senato è iniziato con Renzi seduto sulle ginocchia di Berlusconi al Nazareno. Quando i renziani dicono gliel’avete mandato in braccio voi della minoranza Pd, la risposta è: ‘c’era già’. I senatori della minoranza dem “si stanno soltanto giustamente differenziando, cosa che doveva essere fatta ben prima secondo me”.

La seduta di oggi non ha orario di chiusura e molti degli emendamenti rimasti da votare saranno “saltati” con la tecnica chiamata del “canguro”: essendo simili ai testi già discussi, vengono fatti decadere automaticamente. “Mi sono autocangurato 10 mila emendamenti e soffro moltissimo…”, ha detto il leghista Roberto Calderoli. In Aula invece non sono mancate le tensioni: “La senatrice Cirinnà mi ha mandato a fare in culo..io non ci sto!”, ha protestato il senatore M5S Vincenzo Santangelo. “Io non l’ho sentito, ma le garantisco che certe espressioni non sono accettate in questa Aula”, ha risposto il vicepresidente del Senato Calderoli.

L’aula del Senato intanto prosegue con l’esame degli emendamenti. La minoranza Pd ha annunciato che non voterà il maxi-emendamento a prima firma di Anna Finocchiaro che recepisce gli accordi di maggioranza sul’Italicum, gli stessi contenuti anche nell'”Espositum”: premio di maggioranza alla lista che supera il 40% dei voti, soglia di sbarramento al 3%, 100 capilista bloccati, clausola di entrata in vigore della nuova legge il 1° luglio 2016. Secondo Walter Tocci, che definisce quanto accaduto ieri con l’ok all’emendamento Esposito “una procedura illegittima“. Per Tocci si potevano “evitare forzature e mediazioni migliorative se non ci fosse stato un vincolo rigido e ostentato di accordi extraparlamentari”. Il quadro che si apre, denuncia, è quello di “un premierato assoluto in cui un leader minoritario conquista il banco”.

E’ stato poi riformulato un altro emendamento della Finocchiaro che vuole evitare il rischio di sfavorire le liste più piccole, che potrebbero non ottenere seggi attraverso i quozienti interi né con i resti più alti. Il nuovo testo prevede un meccanismo di ripartizione dei seggi in base al quale la lista eccedentaria (quindi quella che ha raccolto più voti) cede il seggio a quella deficitaria (quindi quella più piccola) non dove ha raccolto più voti ma quello dove la lista minore ha raccolto più consensi (la cosiddetta norma anti-flipper). Nella nuova formulazione dell’emendamento si legge: si “determina la lista che ha il maggior numero di seggi eccedenti e, a parità di questi, la lista che tra queste ha ottenuto il seggio eccedentario con la minore parte decimale del quoziente; sottrae quindi il seggio a tale lista in quel collegio e lo assegna alla lista deficitaria che ha il maggior numero di seggi deficitari e, a parità di questi, alla lista che tra queste ha la maggiore parte decimale del quoziente che non ha dato luogo alle assegnazione di seggio; il seggio è assegnato alla lista deficitaria in quel collegio plurinominale; ripete quindi, in successione, tali operazioni sino alla assegnazione di tutti i seggi eccedenti alle liste deficitarie“.

Palazzo Madama ha, poi, bocciato la proposta a prima firma di Lucrezia Ricchiuti (Pd), che introduceva le primarie per “l’individuazione dei nominativi dei capolista e degli altri candidati nelle liste nonché dell’ordine delle candidature”.

 

 

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