La poltrona di vicepresidente è vuota da giugno, la legge sulle Province è rimasta incompleta e il bilancio è ancora tutto da disegnare: in compenso sono state approvate una decina di norme tutt’altro che epocali. Eccola qui la rivoluzione di Rosario Crocetta, inchiodata all’Assemblea Regionale Siciliana, quasi immobile dalla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva. L’ultima assise dei parlamentari è stata quella convocata il 20 gennaio: oggetto la votazione dei tre grandi elettori da spedire a Roma per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Tagliati fuori, come era già successo nel 2013, i parlamentari del Movimento 5 Stelle, gli altri deputati hanno impiegato poco più di un’ora per spedire a Montecitorio lo stesso Crocetta, il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone e il capogruppo di Forza Italia Marco Falcone. Poi hanno chiuso baracca in fretta e furia: più o meno come è accaduto nelle altre 29 sedute successive alla fine delle vacanze estive.

E dire che i deputati siciliani si erano concessi un break lungo più di un mese: dal 7 agosto al 18 settembre, e cioè ben trentadue giorni. Evidentemente però affrontare una seduta dell’Ars deve stancare parecchio i novanta parlamentari siciliani. Non si capisce altrimenti perché da settembre ad oggi il Parlamento si sia riunito appena trenta volte: la media di una seduta d’aula ogni settimana, mentre in tutto il 2014 i deputati si erano dati appuntamento a Sala d’Ercole per 78 volte in totale. Che si tratti di un escamotage per radunare in un’unica seduta una serie di lavori e quindi poi proseguire ad oltranza? Nossignore, perché oltre all’esiguo numero di sedute convocate, l’Ars vanta anche il record di Parlamento più frettoloso d’Italia: ci sono le sedute veloci, come quella che il 15 ottobre scorso era durata 57 minuti, oppure le sedute lampo, come il 23 ottobre 2013, quando l’assise dei parlamentari siciliani era durata 19 minuti tondi. “Per quella stessa, stoica, presenza in aula ogni deputato è stato ricompensato con quasi 27 euro al minuto, ovvero 1.614 euro l’ora” ricordava l’edizione palermitana di Repubblica.

Un fattore, quello dell’esiguo numero di sedute, che sommato al costo affrontato dal bilancio dell’Ars, aveva spinto il democratico Gianfranco Vullo a un pubblico mea culpa: “Molti di noi – aveva detto durante l’ennesima seduta lampo – stanno cominciando a valutare se questi 8mila euro che guadagniamo servono per la nostra dignità”. E mentre qualche deputato inizia a porsi questo fatidico interrogativo, da mesi l’assemblea deve votare il nuovo vicepresidente, in sostituzione del forzista Salvo Pogliese, eletto a maggio al Parlamento Europeo. Una serie di incontri tra i capigruppo, alcuni nomi piazzati al centro di dichiarazioni ai giornali, poi più nulla: e la poltrona di vicepresidente è vacante da quasi otto mesi.

Rischia di fare il primo compleanno, invece, la legge che doveva definitivamente abolire le Province. Gli enti intermedi erano stati trasformati in liberi consorzi nel marzo scorso: da allora manca la norma che deve prevedere le funzioni dei nuovi organi. Nel frattempo Crocetta ha prorogato i commissari inviati in ogni ex Provincia ad amministrare enti che non hanno ancora funzioni precise. E se l’anno scorso la finanziaria era stata approvata ai primi d’agosto, il 2015 comincia con l’esercizio provvisorio: il nuovo bilancio, infatti, non è ancora pronto, mentre Crocetta confida di essere asserragliato a Palazzo d’Orleans per prepararlo e il nuovo assessore all’Economia Alessandro Baccei rivela che “i soldi ci sono fino ad aprile”. Sarà per questo che recentemente Ardizzone ha voluto sottolineare la nuova linea sobria del Parlamento isolano. “Dico basta a chi continua a parlare dell’Ars come del Parlamento che costa di più. Non siamo più agganciati ai parametri del Senato e abbiamo ridotto molte spese, come ad esempio le auto blu” era stato lo sfogo del presidente del Parlamento regionale alla vigilia di Natale. E in effetti rispetto al 2013 l’Ars ha ridotto le spese: un taglio di ben tre milioni e 887 mila euro. La spesa complessiva per il 2014 ammonta, infatti, a 160 milioni e 887 mila euro: l’anno precedente l’Ars era invece costata 164 milioni, e cioè 32 euro all’anno per ogni cittadino siciliano. Una cifra che rimane superiore al costo di Camera e Senato che pesano sulle tasche di ogni cittadino per 27 euro e 15 centesimi.

Se si pensa, però, che nel 2013, l’Ars costava ad ogni siciliano 33 euro, ecco che quella singola moneta da un euro risparmiata negli ultimi dodici mesi fa ben sperare. Un euro risparmiato che è stato forse sulla bolletta dell’energia elettrica. Lo ha rivelato il leader del centrodestra Nello Musumeci, che intervenendo in aula ha spiegato come i commessi dell’Ars abbiano l’ordine di accompagnare fuori da Palazzo dei Normanni i deputati e di spegnere le luci alle 20 e 30: ordini del consiglio di presidenza. Non sia mai che i parlamentari siciliani lavorino troppo.

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