“Con il programma del Grand Tour vogliamo realizzare la più importante operazione degli ultimi anni di promozione del nostro patrimonio culturale, proponendo una ricca offerta che non ha solo una funzione di valorizzazione, ma serve anche per aiutare gli operatori e chi vende il prodotto Campania, per arricchire il soggiorno e la vacanza dei turisti italiani e stranieri”, annunciava lo scorso anno l’Assessore ai Beni Culturali e Turismo della Campania, Pasquale Sommese, presentando Viaggio in Campania. Sulle orme del Grand Tour.Galà del Cinema e della Fiction in Campania

Una riproposizione in chiave moderna del viaggio di formazione settecentesco. Da aprile a dicembre 2014, nove itinerari, a coprire l’intera regione che, accanto ai grandi attrattori, come Pompei, il Vesuvio, la Reggia di Caserta e alle località più famose come Sorrento, Capri e Ischia, avrebbero voluto dare ampia visibilità alle zone interne. Obiettivo dichiarato quello di promuovere il territorio campano proprio mentre i disastri ambientali contribuiscono ad offuscarne l’immagine. Strumento insostituibile di questa operazione, realizzata in collaborazione con la Scabec, Società regionale per i Beni Culturali,  il Campania Artecard, cioè la messa a sistema di musei, siti archeologici, località di mare, specialità gastronomiche, siti religiosi e parchi naturali.

A scorrere i dati della Rilevazione 2014 del Mibact sui Musei, monumenti e aree archeologiche della Campania non sembra che i risultati ottenuti siano stati all’altezza delle promesse. Di certo per quel che riguarda i siti dei quali si protrae la chiusura. Un numero rilevante e tutt’altro che trascurabile per quanto riguarda la qualità dei singoli casi. Insomma chiusure eccellenti. Come quella della villa imperiale di Damecuta, ad Anacapri, sul promontorio che sporge dal monte Solaro. Interdetta alle visite nel 2012 dalla Soprintendenza ai Beni archeologici di Napoli e  Pompei, a causa di improrogabili interventi di restauro. Intanto ad entrare indisturbati, in mancanza di un sistema di videosorveglianza, sono i vandali che, oltre ad imbrattare le pareti dei locali riservati ai custodi, hanno piena libertà di camminare tra i resti  dell’area destinata a belvedere, del quartiere residenziale con sala triclinare, all’estremità Ovest, ed un altro settore privato. Tutto senza manutenzione e quindi in progressivo degrado.

Stessa sorte per l’area archeologica dell’antica Abellinum, a nord-ovest dell’abitato moderno di Atripalda.  A Bacoli va senza dubbio peggio. Chiuse le Cento Camerelle, la serie di cisterne sovrapposte pertinenti ad una villa e a peschiere semisommerse nello specchio d’acqua antistante. “Siamo molto delusi. Per la seconda volta non siamo riusciti a visitare le Centum Cellae. Già quattro anni fa abbiamo seguito lo stesso percorso ed erano inaccessibili. Eravamo convinti che in tutto questo tempo sarebbero state restaurate e riaperte. Andiamo via e non credo ritorneremo per visitarle”, ha scritto a Il Mattino una ragazza dopo essere rimasta di fronte ai cancelli sbarrati nello scorso novembre.  Chiusa anche la cd. Tomba di Agrippina, in realtà il teatro-ninfeo, parte di una villa marittima, andata distrutta. A Sala Consilina off limits l’Antiquarium, inaugurato nel 1982 e temporaneamente ubicato presso la Grancia certosina, nel quale sono esposti oltre 1000 corredi tombali dalle tombe ad incinerazione di IX secolo a. C. fino a quelle di V e IV secolo a. C.

Chiusa la Crypta neapolitana, la galleria scavata nel tufo, a Napoli e le necropoli di via Cella e di San Vito a Pozzuoli, così come lo stadio di Antonino Pio, il Foro Transitorio e gli Ipogei del Fondo Caiazzo, oltre al parco archeologico di Liternum. Non è tutto. Ci sono anche i siti visitabili su richiesta. Tanti. Dall’area archeologica di Aequum Tuticum, presso Ariano Irpino al sacello degli Augustali, al Teatro e alla piscina Mirabilis, a Miseno.

Dall’anfiteatro e al Mausoleo cd. degli Acilii Glabriones, ad Alife, alle aree archeologiche di Sinuessa e Cales. Dalle terme di Carminiello ai Mannesi e dal teatro antico in via San Paolo ai Tribunali, a Napoli, al parco monumentale di Baia-Bacoli e al Tempio cd. Di Diana, a Bacoli. Dalla Necropoli monumentale di Nocera Superiore, al teatro e al criptoportico di Sessa Aurunca, fino alla Necropoli di Cappella su Monte Procida. Dalla villa marittima di Cellole, nel casertano, al Mitreo di Santa Maria Capua Vetere, passando per il complesso termale di via Terracina, ancora a Napoli, fino al teatro di Ercolano. Non è tutto. Ma può bastare per avere un’idea sulla fruibilità del patrimonio archeologico della Campania. Senza dubbio di difficile gestione, anche in considerazione della sua vastità. Ma in parte troppo cospicua né tutelato, né valorizzato. Lasciato sprofondare in un progressivo oblio. Sostanzialmente alienato alla pubblica, libera, fruizione.

Vogliamo che il 2014 sia l’anno della Campania”, aveva detto l’Assessore regionale presentando i nove mesi di eventi, mostre, itinerari ed escursioni, dall’area vesuviana a tutta la regione. Aggiungendo che “Chi si recherà in Campania potrà visitare le tante bellezze archeologiche, artistiche, storiche e naturali della nostra terra, vivendo una vera e propria esperienza emozionale”. A quanto sembra molte di quelle “tante bellezze” continuano a rimanere nascoste. Purtroppo.

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