“Non hanno capito nulla, continuano a provocare, offendono il Profeta, la nostra religione, il governo francese dovrebbe fermare la pubblicazione”. Nel cuore pulsante musulmano di Roma, davanti alla grande Moschea in zona Parioli, la risposta alla copertina di Charlie Hebdo dopo la strage di Parigi è unanime. Odore di spezie e falafel dei diversi banchetti accompagna la fiumana di gente che entra in moschea al richiamo dell’imam per la preghiera del pomeriggio. E nelle edicole si vendono ancora milioni di copie dell’ultimo numero di Charlie Hebdo. “Noi condanniamo la violenza, ma anche le parole possono essere armi, c’è il diritto della libertà d’espressione, ma ogni diritto ha il dovere di capire i propri limiti, e questi non possono essere superati”, afferma Tarek, di origini tunisine. “È benzina sul fuoco dare la possibilità ai lupi di arrivare in casa, cosa possiamo fare noi se si continua su questa strada, un attentato in Italia o in un altro paese sarebbe terribile” aggiunge Samir. “Perché se sono atei parlano di Maometto, non ci credono ma perché deriderlo – ci spiega Khalid – serve rispetto per tutti, ma la risposta alla satira è la parola, non si può uccidere, non esiste l’islam moderato e integralista, dicono che i terroristi sono musulmani, ma non lo sono agli occhi di Allah”. “I governi occidentali hanno tante responsabilità, dovrebbero dire la verità, milioni di soldi arrivano all’Isis, vengono armati – sostiene Sa-mir – hanno tutto in mano e possono combattere il terrore con le loro mani, prima di tutto stoppando le pubblicazioni di Charlie Hebdo”  di Irene Buscemi

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