I big delle scommesse si mettono di traverso. E dicono no all’offerta del governo Renzi, che nella legge di Stabilità da un lato ha previsto il versamento da parte dei concessionari di 500 milioni di euro di tasse aggiuntive ogni anno, dall’altro ha inserito una sanatoria che consente ai centri di raccolta delle giocate non autorizzati di regolarizzare la propria posizione versando 10mila euro e le tasse dovute. Secondo l’agenzia specializzata Agipronews i maggiori gruppi stranieri del settore non hanno alcuna intenzione di aderire. Si prospetta dunque un rifiuto generalizzato che comporterà mancati introiti per 220 milioni, cioè la cifra che l’esecutivo contava di racimolare grazie alla sanatoria, basandosi sull’ipotesi che il 50% dei 7.000 punti scommesse non autorizzati presenti in Italia avrebbe pagato. Risultato: occorrerà trovare i soldi da qualche altra parte.

Le motivazioni della rinuncia alla regolarizzazione – per la quale in teoria c’è tempo fino a fine gennaio – sono diverse. L’inglese Stanleybet sostiene che “ctd (centri trasmissione dati, ndr) illegali in Italia non ce ne sono più”. Nel senso che secondo l’operatore chi ha una licenza rilasciata da un altro Paese Ue è già legittimato a operare in tutti gli Stati membri. Anche se sul punto la giurisprudenza non è univoca: se è vero che nel 2012 la Corte di Giustizia Ue ha criticato il sistema italiano delle concessioni, che avvantaggerebbe gli operatori già presenti sul mercato, ma nel 2013 gli stessi giudici hanno sentenziato che non è possibile operare nella Penisola senza un’autorizzazione di polizia. Non solo: aderire alla sanatoria, per Stanleybet, “sarà l’inizio di un incubo” in quanto “viene chiesto all’agenzia di sottoscrivere un contratto che ancora non è stato neanche predisposto o pensato da chi ha fatto la legge”. La società basata a Malta affonda poi il colpo ventilando che la nuova normativa permetterà anche ai “peggiori delinquenti, persino quelli con gravissimi precedenti penali purché a piede libero”, di aderire al condono. Sulla stessa linea l’austriaca Sks365, che definisce la sanatoria fiscale “salto nel buio” in quanto “non garantisce il rilascio della licenza di polizia né altri eventuali provvedimenti di chiusura disposti dalle Questure”.

Il bookmaker Betuniq, anch’esso basato a Malta, ritiene che il governo abbia “ancora una volta ignorato la richiesta della Corte di Giustizia Europea di permettere agli operatori stranieri – con licenza di uno stato Ue – di operare in Italia” e che lo scopo dell’operazione sia “favorire ancora una volta i concessionari storici” consentendo loro di “acquisire nuovi punti vendita attingendo dalle reti di centri esteri”.

In questo quadro, sulle barricate ci sono anche i concessionari italiani, che rifiutano il balzello aggiuntivo da 500 milioni. L’Associazione concessionari apparecchi da intrattenimento (Acadi), in una nota, definisce la tassa “esorbitante nell’ammontare, iniqua perché colpisce gli operatori a prescindere dalla propria capacità contributiva, irrazionale in quanto si configura quale flat tax in un mercato in declino, irragionevole in quanto probabilmente causerà una riduzione del gettito erariale, pericolosa in quanto rischia di riportare sensibili quote di mercato verso il gioco illegale”. L’associazione – a cui aderiscono anche i big CogethechLottomatica e Sisal, che nella legge di Stabilità ha incassato anche un aiutino nella forma di un emendamento ad hoc andato in soccorso del Superenalotto – sostiene che per sfuggire alla mazzata fiscale alcuni operatori hanno iniziato a dismettere videolotteries e slot, “lasciando così ulteriore spazio agli apparecchi da gioco illegali”.

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