Strada spianata, almeno sul fronte giudiziario, per il piano di acquisto di titoli di Stato (“quantitative easing”) che il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi è intenzionato a lanciare in tempi brevi. Forse già il 22 gennaio, quando si riunirà il consiglio direttivo della Bce. La Corte di giustizia europea mercoledì ha infatti espresso giudizio positivo su un altro programma di acquisto, quello noto come Outright monetary transaction (Omt), lanciato nel 2012, quando l’Eurozona era nel pieno della tempesta finanziaria e Draghi assicurò che la Bce avrebbe fatto “tutto il necessario per salvare l’euro”. Lo scorso febbraio la corte di Karlsruhe aveva chiesto ai giudici del Lussemburgo di esprimersi sulla legittimità di quella mossa (peraltro rimasta solo sulla carta e mai concretamente applicata), valutando se si configurasse una violazione del “divieto di finanziamento monetario dei bilanci” in base al quale l’istituto centrale non può stampare moneta per consentire agli Stati di fare debito.

Il verdetto finale non è ancora arrivato, ma l’avvocato generale Cruz Villalón nel suo parere, che abitualmente la sentenza riflette, ha infatti sostenuto che il piano Omt era “necessario” e che “in linea di principio” è “compatibile con il Trattato europeo”. L’effettiva compatibilità – si spiega nel parere – “dipenderà dal rispetto di determinate condizioni”, tra cui “determinate disposizioni del diritto primario (come il divieto di finanziamento monetario degli Stati membri) e il principio di proporzionalità”.

Quel che più conta, però, è che Villalón evidenzia che “la programmazione e l’esecuzione della politica monetaria sono di competenza esclusiva della Bce” che “dispone di conoscenze tecniche e di preziose informazioni per l’adempimento del proprio compito”. Queste, “insieme alla sua reputazione e alla comunicazione pubblica, le consentono di manovrare le aspettative in modo che gli impulsi della politica monetaria giungano effettivamente all’economia”. Pertanto “la Bce deve godere di un ampio margine di discrezionalità nella programmazione e nell’esecuzione della politica monetaria della Ue e i tribunali devono controllare l’attività della Bce usando alquanta moderazione, in quanto mancano della specializzazione e dell’esperienza di cui dispone tale organismo in questa materia”.

Draghi a Die Zeit: “Non vogliamo far ottenere vantaggi ad alcuni Paesi o punire i risparmiatori tedeschi

Come già detto, le conseguenze di questa pronuncia non possono non riverberarsi sulle prossime mosse della Bce. Il piano di acquisto di titoli pubblici voluto da Draghi per rilanciare l’economia e riportare l’inflazione verso il valore obiettivo del 2% (per il 2014 il tasso annuo stimato dall’Eurostat è invece del -0,2%) deve però ancora superare la ferma opposizione del numero uno della Banca centrale olandese, Klaas Knol e del “falco” Jens Weidmann, presidente della Bundesbank. Una soluzione di compromesso, per vincere le resistenze dei Paesi che non vogliono sobbarcarsi il rischio del debito altrui, potrebbe consistere nel non “centralizzare” i rischi dell’operazione bensì lasciarli sulle spalle delle banche centrali dei Paesi membri in proporzione alla quantità di titoli di Stato acquistati dalla Bce. Vale a dire, per esempio, che se l’Eurotower comprasse 50 miliardi di Btp italiani sarebbe Bankitalia, nell’ipotesi di un default sovrano, a farsi carico del relativo rischio di mancato rimborso. Ma si tratta di una linea di azione opposta rispetto a quella tradizionale di Francoforte. E i governatori dei Paesi “eurodeboli” si oppongono. Di recente il governatore di via Nazionale, Ignazio Visco, ha detto che in quel caso “la frammentazione finanziaria dell’area euro potrebbe tornare ad ampliarsi”. Ancora nessuna certezza, dunque. Nemmeno sull’eventuale portata del programma e sulla sua durata: si è parlato di acquisti per 500 miliardi di euro di qui al settembre 2016, ma i dettagli si sapranno solo, se tutto andrà come vorrebbe Draghi, il 22 gennaio.

Nel frattempo l’ex numero uno di Bankitalia continua a rilasciare interviste “tranquillizzanti” ai media tedeschi. Mercoledì è stata la volta di Die Zeit, a cui ha garantito che “non siamo qui per far ottenere vantaggi a un Paese piuttosto che a un altro o per punire i risparmiatori tedeschi” e spiegato che “la semplificazione nella discussione è in realtà un appiattimento, che porta a false conclusioni“. Per poi sottolineare come la Bce non abbia finora mai registrato perdite, anzi abbia incamerato utili che vengono poi rigirati “anche alla Bundesbank che poi li gira al Tesoro e quindi ai cittadini tedeschi”.

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