Cinema

Hungry Hearts, la discesa agli inferi di due cuori affamati

Della pellicola si era già parlato, essendo stato concorrente a Venezia. Un film intimo ed eroico, quasi interamente asserragliato nell’universo di quattro mura da cui osserva con sensibilità le grandi questioni dell’umana sorte

di Anna Maria Pasetti

Impossibile non farsi trasportare dalle emozioni suscitate dalla voce di Modugno mentre la sua “Tu si ‘na cosa grande” accompagna i momenti più struggenti di Hungry Hearts, il nuovo film di Saverio Costanzo, di imminente uscita nelle sale italiane. Della pellicola si era già lungamente parlato, essendo stato concorrente alla 71. Venezia da dove era uscito vittorioso di due premi maiuscoli: entrambe le Coppe Volpi per gli attori protagonisti, Alba Rohrwacher e l’americano Adam Driver. Un film intimo ed eroico, quasi interamente asserragliato nell’universo di quattro mura (come sembra ormai essere il leitmotiv estetico del regista romano) da cui osserva con sensibilità le grandi questioni dell’umana sorte.

Il regista Saverio Costanzo: “Il cibo è il tema apparente del film: in realtà si parla di ideologia, che è il vero demonio dell’umanità” 

D’altra parte “il cinema è una costante lotta al superamento degli ostacoli fisici: coi nostri piccoli mezzi e dotati di Super 16 abbiamo tentato di raccontare in fretta questa storia famigliare”, spiega Costanzo, classe 1975 e un talento puro che felicemente fa dimenticare i tristi accenni al nepotismo. La fretta era per “braccare” l’attore protagonista Adam Driver, “un fuoriclasse sia come professionista sia come persona, che aveva solo quattro settimane per noi. Abbiamo provato poco, fatto letture veloci, siamo rimasti chiusi in stanze piccole, appartamenti angusti, come si trovano solitamente a New York”. E sulla metropoli americana – dove il regista ha vissuto per un periodo della vita e di cui conserva un forte “rapporto emotivo” – Saverio Costanzo sottolinea l’estrema “aggressività, una violenza che ti porta spesso all’istinto di difesa. Anche Roma è una città violenta ma in maniera diversa, e in ogni caso non sentivo che Hungry Hearts potesse essere una storia romana, quindi ho scelto New York”.

Gli attori, Alba Rohrwacher e l’americano Adam Driver, hanno vinto entrambi la Coppa Volpi per gli attori protagonisti

Il racconto cinematografico adottato da Costanzo, a dire il vero, si ispira al romanzo autobiografico “Il bambino indaco” di Marco Franzoso ed è ambientato a Padova. “Ho letto il libro, certo, ma la sceneggiatura che ho scritto per il film si basa essenzialmente sul ricordo del testo, di cui ho cambiato svariati momenti, a partire dalla scena iniziale di mia pura invenzione. L’autore del libro, Franzoso, l’ho conosciuto solo a Venezia il giorno stesso della proiezione ufficiale. Fino a quel momento l’ho considerato un virtuale collaboratore alla sceneggiatura”.

I suoi “cuori affamati”, di fatto, sono due giovani che s’innamorano, sposano e hanno un bimbo. Tutto sembra procedere nella normalità finché Mina – la protagonista femminile interpretata mirabilmente dalla Rohrwacher – non viene assalita dall’ossessione di purezza, credendo che il proprio neonato sia speciale, un “bimbo indaco”. Lo vuole dunque preservare dagli ambienti inquinati, di qualunque natura. L’allarme arriva quando Jude – il marito reso altrettanto bene da Driver – scopre che il piccolo non sta crescendo e potrebbe morire di fame. Da quel momento gli equilibri famigliari subiscono uno scossone e un’inevitabile discesa agli inferi dell’anima.

Il racconto cinematografico adottato da Costanzo si ispira al romanzo autobiografico “Il bambino indaco” di Marco Franzoso

“Il cibo è il tema apparente del film: in realtà si parla di ideologia, che è il vero demonio dell’umanità. L’ideologia è sorda, non ascolta nessuno, pensa di essere sempre nel giusto e si chiude per questo nel suo castello incantato. Per il personaggio di Mina, la purezza diventa ideologia, questo è il suo unico errore e non le buone intenzioni di far mangiare bene il bambino, cioè con prodotti sani”. Costanzo, come già fece nei precedenti Private e La solitudine dei numeri primi, adotta lo spazio chiuso come luogo di elaborazione estetica, metafisica e metaforica su più livelli.

L’uso di obiettivi ferocemente grandangolari (ad effetto fish-eye) ad incentivare la perdita di autocoscienza e controllo dei personaggi in alcuni momenti sembrano avvicinare Hungry Hearts al genere horror e psico-thriller ma anche qui il regista alleggerisce i toni: “Non ho mai pensato di entrare nel genere horror, cerco solo di trovare la mia onestà di regista in scelte personali, talvolta maldestre, ma sempre ed inequivocabilmente mie”. Il film uscirà il 15 gennaio in 150 copie: essendo in lingua originale inglese (così è stato girato), le città principali potranno godere anche di alcune copie in versione sottotitolata in italiano, mentre la maggioranza sarà disponibile in versione doppiata.

Il trailer di Hungry Hearts

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