La Bbc chiuderà quest’anno la sua terza rete televisiva al fine di contenere i costi. In una fase di risorse decrescenti, causa la crisi degli investimenti pubblicitari e la delegittimazione del canone, e di costi crescenti, in particolare per i diritti dei grandi avvenimenti sportivi e delle serie Tv top, la scelta dei tagli è obbligatoria. L’alternativa è ridurre gli investimenti sui programmi causando, come avviene in Italia, una programmazione sempre più scadente.

Che farà la Rai per superare le difficoltà di bilancio? Seguirà l’esempio della Bbc chiudendo le attività non produttive e/o troppo costose? Oppure ripercorrerà la vicenda dell’Alitalia, rinviando la soluzione dei suoi problemi?

L’ipotesi di ridurre da tre a due il tetto delle reti generaliste è ancora attuale. La legge n. 249/’97 (legge Maccanico) stabilì che la Rai dovesse avere una rete senza pubblicità e pose, nello stesso tempo, il limite anti-trust a due reti per operatore privato. Il progetto cadde con la successiva legge n. 112/’04 (legge Gasparri) per l’errata previsione che il digitale avrebbe aperto il mercato.

Ripresentare l’antitrust a due reti generaliste è un’operazione che darebbe una maggiore concorrenza al mercato della Tv free, da trent’anni contraddistinto dall‘oligopolio Rai e Mediaset.

A prescindere dall’ipotesi della privatizzazione di una rete, la Rai ha urgente bisogno di “risanarsi”. Anche il 2015 si prospetta negativo. È sufficiente ricordare che, per il terzo anno, il canone di abbonamento non è stato aggiornato (all’inflazione). Successe anche col governo Berlusconi negli anni 2004-06, suscitando, a differenza di oggi, polemiche legate al vantaggio, indiretto, che il mancato adeguamento del canone portava per Mediaset. Il conflitto d’interessi era importante prima e sembra non esistere più oggi!tabella devescovi

La riforma della Rai e del sistema televisivo ha un’importanza paragonabile alle riforme istituzionali. La sinistra, ora al governo, che per anni è stata sensibile alle libertà dell’informazione, si è opposta al conflitto d’interessi, ed ha sostenuto il pluralismo e la qualità nel servizio pubblico, non può adesso smentirsi. Aspettiamo quindi fiduciosi la riforma del sistema televisivo, dall’antitrust alla riorganizzazione del servizio pubblico.

La Rai, in attesa delle decisioni della politica, dovrebbe cercare di recuperare con atti concreti credibilità, mai scesa così in basso, da parte del pubblico dei telespettatori. Un Benigni non salva un’intera stagione. La Rai farebbe bene a ricordarsi che può salvarsi unicamente da sola. Sperare che sia la politica a farlo, com’è successo in passato, è una pia illusione, come dimostra la vicenda dell’Alitalia.

 

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