“A mio padre, che mi ha insegnato che l’amore inizia dal rispetto”. Parla forte e chiaro, l’epigrafe di questo volume di dolente impianto semi-autobiografico, “Il contrario dell’amore” (Indiana Editore, pag. 272), forse il primo romanzo italiano sul tema dello stalking, scritto, con coraggio e poesia, da Sabrina Rondinelli, insegnante elementare e autrice di libri per ragazzi. Scrivere per ricordare, per non ignorare. La scrittura come catarsi. Ma lo scopo non è la redenzione. È testimoniare. Con penna sincopata e ferma, con un’inquadratura quasi cinematografica, pagina dopo pagina Rondinelli mette a fuoco l’amore rovesciato. “Allora non ti ama. Il suo non è amore. È il contrario dell’amore. È violenza”. L’importante è non sottovalutare. “Da quando ti ho conosciuta, vivo per amarti. Prima di te, non vivevo. Esistevo e basta. Io sono nato per amarti”. Eva lavora in un salone di bellezza, fa la parrucchiera. Vive in un monolocale con sua figlia di sei anni. “La prima volta che ti ho vista, non era la prima volta. Ci eravamo già incontrati, noi due. In un sogno, in qualche vita passata, o in una favola. Biancaneve che mi veniva incontro sui tacchi a spillo”.

La sera o quando può, come tanti, Eva chatta su un sito di incontri, dandosi delle regole. Sogna di incontrarvi l’uomo dei suoi sogni. “Ti ho riconosciuto dalla foto”, e ti sei seduta accanto a me. Rossetto rosso, come gli orecchini. Capelli neri, come gli occhi, pelle bianca, quasi trasparente, come la camicia. “Cosa bevi?”. “Vino bianco, grazie… frizzante. Tu?”. “Ma io ero già ubriaco, senza aver bevuto”. All’inizio, come sempre accade, tutto sembra andare per il meglio. Ma non appena la storia finisce, si accendono, per lei, le luci scarlatte dell’inferno. Perché lui non si rassegna. Perché lui non la abbandona. Comincia a tempestarla di mail, sms, e oggi c’è pure whatsapp. E poi gli appostamenti, i pedinamenti, le blandizie frammiste all’odio. “Rispondi, non avere paura, non sei più sola, adesso. Ci sono io a difenderti. Io ti amo. Ti amo oltre ogni limite”.

La persecuzione cambia progressivamente marcia. Lui ne fa la sua ossessione assoluta. Regali. Richieste di chiarimento. Proposte di ricucire. Perdonami, aiutami, non essere così crudele. Io che non vivo più di dieci minuti senza te. Lei che non sa bene come reagire. Si chiama stalking, questa ridda di vessazioni e attenzioni non richieste che è costretta a patire. Ma tutto questo ancora non lo sa. Non può saperlo. Un giorno Eva si incammina verso la stazione della metropolitana. L’aria è gelida. Per strada c’è poca gente che cammina veloce. Lungo il fiume tira vento . Eva costeggia la riva a passo svelto, sarà mezzo chilometro di strada, finché arriva sotto la scalinata del ponte. Si ferma un attimo per tirare fiato. E lì lo vede. Il contrario dell’amore. Sta lì a guardarla. Il cuore in gola, Eva si rimette in moto. Ma sente lo stillicidio dei passi di lui che la seguono. Devi stare calma, calma, calma; cammina piano, non correre; fai finta che stai camminando normalmente. Guarda davanti. Non ti voltare. Devi stare calma.

“Ascolta, nella vita può capitare: si esce con qualcuno per un periodo, si vive una bella storia, si fa un pezzo di strada insieme, ma poi le strade si dividono”. “Perché oggi non hai risposto alla mia chiamata? Avrei voluto parlarti. A voce. Volevo chiederti scusa per come mi sono comportato ieri. Mi sono reso conto di aver avuto una reazione esagerata”. “Cioè, ci siamo passati tutti, giusto? A volte siamo noi che lasciamo, a volte veniamo lasciati…”. “Io sono venuto da te con una rosa e il cuore in mano, nel giorno degli innamorati, e tu mi hai trattato male, con quella luce negli occhi così fredda, e mi hai risposto in modo così brusco… Non me lo meritavo! Per questo mi sono arrabbiato”. “Ma poi, amen, morto un Papa, se ne fa un altro”. “A volte, quando tiri fuori la parte più spinosa di te, quando fai la dura, è come se indossassi una corazza. Come se volessi difenderti. Da chi ti difendi, Eva? Da cosa? Hai paura di amare?”. Adesso sei in fissa che ti piaccio io”. Non devi difenderti da me. Io vorrei solo farti felice, stupida!”.“Però poi basta uscire un po’, ti diverti, vai a ballare”.“Sei proprio una stupida shampista, e io sono più stupido di te a star dietro a una shampista”. “Perché non mi chiami? Possibile che non hai mai un cazzo di momento per telefonarmi? Non farmi arrabbiare, non ti conviene…”.” Rispondimi! Altrimenti te la faccio pagare, e so già come”. “Sei una bambina cattiva, cattiva, una puffetta capricciosa che non vuole ubbidire!”. “Aspetto ancora fino a domani, capito? Se entro domani non mi chiami, giuro che te la faccio pagare! Che cazzo ti credi, che starò sempre qui ad aspettare te? In eterno? Ad aspettare le tue cazzo di chiamate che non arrivano mai? Ad aspettare che ti degni di concedermi di poterti vedere?”. “Quando l’ho visto sul ponte, affacciato alla ringhiera, che guardava il fiume nero, ho sperato per un attimo che volesse buttarsi di sotto per ammazzarsi. Invece ha alzato la testa, si è girato verso di me ed è venuto a prendermi. Non portava nessuna rosa, non era venuto per corteggiarmi. Per la prima volta in vita mia, ho sentito che cosa voleva dire odiare”.

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