L’assalto condotto contro la sede della rivista Charlie Hebdo è stato sconvolgente. Si è trattato dell’attentato terroristico col maggior numero di vittime in Francia dopo quello del 1961 ad opera dell’Organisation armée secrète, che aveva causato 28 morti durante la Guerra d’Algeria. Un commando composto da individui mascherati e armati di kalašnikov e fucili a canna liscia è entrato negli uffici del settimanale freddando dodici persone. Nessun ostaggio, solo irruzione e morte, segno che l’attacco era votato ad un alto impatto mediatico. Non a caso giunto nei primi giorni dell’anno.

Secondo testimoni ripresi dalla stampa francese sarebbe stato compiuto da alcuni affiliati ad al Qaeda nello Yemen. Gli stessi terroristi, i due fratelli franco-algerini CherifSaid Kouachi, in queste ore avrebbero dichiarato di voler morire da martiri. Non si tratta ancora, tuttavia, di una rivendicazione ufficiale, che di norma spetta ai vertici dell’organizzazione. Ma sicuramente fornisce elementi importanti sulla natura della strage compiuta due giorni fa.

Il dossier di Fazul. L’Is(is), dunque, non c’entra, anche se un suo imam stamane aveva lasciato intendere il contrario. Le modalità dell’assalto, del resto, erano apparse fin dal principio di matrice qaedista, poiché tracciate in uno specifico dossier rivenuto quattro anni fa negli indumenti di Fazul Abdullah Mohammed, nel giorno della sua morte. Un uomo per cui Osama bin Laden mostrò una certa stima in passato (per capirci, fu l’ideatore dei terribili attentati del 1998 alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania). Parliamo di operazioni a basso costo, che nel linguaggio jihadista si traducono in assalti con un limitato investimento di risorse militari, tecnico-logistiche e umane, proprio come è accaduto a Parigi. E’ il segno che al Qaeda oggi colpisce l’Occidente in forme e modi diversi. Il documento di Fazul rivelava un nuovo approccio delle frange estremiste ai centri di potere occidentali e la strage francese è la conferma che quel piano continua ad essere seguito.

Il risveglio di al Zawahiri. La morte di Osama bin Laden ha segnato un duro colpo nei confronti dell’assetto organizzativo di al Qaeda. Il brand Is(is) negli ultimi mesi ha raggiunto dimensioni stellari. Dalla proclamazione del Califfato, quella che fino a qualche anno fa era la più grande multinazionale del terrore al mondo si sta misurando con un noioso processo di apostasia, tutto a favore dell’immagine di Abu Bakr al Baghdadi. Supporre che con l’attacco al giornale Charlie Hebdo al Zawahiri abbia voluto mostrare i muscoli, ricordare al mondo che il terrorismo transfrontaliero c’è, esiste, e non va confuso con qualche video montato ad arte e diffuso qua e là in rete, è un’ipotesi verosimile.

I due emiri non si sono mai amati in passato. E il medico egiziano non riconosce l’autorità del Califfo di Mosul. Inoltre, risale appena a un mese fa la rottura di al Qaeda nella Penisola Arabica (Aqpa) con lo Stato Islamico. A causarla una recente dichiarazione audio rilasciata proprio da al Baghdadi, che il Califfato, costituito il 29 giugno in Iraq e Siria, avrebbe incluso anche lo Yemen, un territorio importantissimo per al Qaeda. Tanto da ospitare in aprile, sotto il naso della Cia, il più grande assembramento di terroristi islamici degli ultimi tempi.

La Francia di Hollande. Charlie Hebdo è stato colpito per via della sua satira, tradottasi negli ultimi anni in una serie di vignette che si prendevano beffa del profeta Maometto. Le prime minacce erano giunte nel 2011: un fitto lancio di bombe Molotov contro gli uffici del periodico, appena prima dell’uscita dell’edizione dedicata alla vittoria del partito fondamentalista islamico nelle elezioni in Tunisia. Anche il sito internet della testata era stato bersaglio di un attacco informatico.

Insomma, può sembrare fuorviante parlare di attacco alla libertà di stampa; la rivista, dallo spirito caustico e irriverente, che conserva una grande reputazione nella sinistra transalpina, era ed è per gli islamici più intransigenti recidiva. I dieci giornalisti uccisi, più i due agenti di guardia, sono piuttosto le vittime sacrificali della peggiore Presidenza di tutta la storia della Repubblica francese, quella di Francois Hollande. Gli interventi in Costa d’Avorio, Mali, lo stazionamento in Libia, la cooperazione di intelligence in Nigeria con gli Stati Uniti hanno rappresentato un oltraggio irricevibile per i tagliagole. E intanto Marine Le Pen sbanca l’elettorato. Ma con una terribile consapevolezza: al Qaeda è ancora viva.

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