Noi insegnanti vogliamo uno stipendio dignitoso. A fare questa richiesta al premier Matteo Renzi, non sono le organizzazioni sindacali, non è nemmeno chi scrive e neanche qualche insegnante organizzato ma Daniele Manni, candidato al titolo internazionale di Premio Nobel per l’insegnamento, il “Global Teacher Prize” della Varkey Gems Foundation.

Il docente di Lecce, conscio del suo ruolo in questa fase, ha preso carta e penna per scrivere al presidente del Consiglio: “Se pur essendo i peggio pagati e ricevendo poca o nulla stima dalla società civile, riceviamo lode e attenzione internazionale e la nostra opera quotidiana rende la scuola italiana una delle “istituzioni” più apprezzate dalla cittadinanza (al terzo posto, dopo Papa Francesco e le Forze dell’Ordine), chiedo a Lei e al governo che rappresenta, cosa potrebbe essere la scuola italiana se il corpo docente ricevesse più credito e dignità? Come pensa che la società possa apprezzare una figura così importante per la vita ed il presente (non solo il futuro) dei nostri figli se lo Stato è il primo a ridicolizzarne il lavoro con un riconoscimento inadeguato? Comprendo benissimo che questo è un momento certo non facile per mettere sul tavolo un piano di aumenti per la categoria, ma qualche primo,piccolo segnale non sarebbe affatto una mossa errata”.

Un appello che va di pari passo con i dati recentemente pubblicati da Eurydice: le indennità degli insegnanti della scuola materna, elementare e media, dal 2009 al 2014, hanno perso l’8 per cento del loro potere d’acquisto.
Già ma parliamo con numeri alla mano: una maestra appena assunta guadagna 1200 euro circa al mese. Il mio stipendio è fermo dal 2007/2008 a 1203 euro circa al mese circa. Le colleghe che lavorano da 20 anni arrivano a prendere 1500 euro circa netti. I salari dei prof delle scuole superiori sono aumentati in quasi tutti i Paesi europei in Italia no.

Ora, immagino che i miei detrattori (che amo quanto gli ammiratori di questo blog, perché mi aiutano a capire meglio l’Italia e a riflettere) diranno che noi siamo fannulloni, che abbiamo un sacco di vacanze, che facciamo poco o nulla, che dovremmo provare la catena di montaggio. Spiace per loro ma a sfatare questo luogo comune vi è una recente indagine di “Edscuola” che dimostra come la media degli orari di lezione settimanale in Europa si attesti a 23 ore settimanali nella primaria, 20 nella secondaria di primo grado e 18 ore alle superiori. In modo particolare nella primaria, per esempio, in Italia si fanno 22 ore di lezione più due di programmazione, in Germania 21; in Grecia 18; in Francia 26; in Belgio 24; in Finlandia 18. Solo in Lussemburgo e nei Paesi Bassi si arriva a 27 ore.

Detto questo non vorrei stupirvi ma se da una parte mi associo alla richiesta del professor Manni dall’altra credo che sia davvero necessario aumentare le ore di lavoro dei docenti di ogni ordine e grado ma non quelle frontali ma quelle di formazione. Dovremmo arrivare a 28 ore: 22 in aula e sei di formazione. Un aggiornamento a crediti dimostrando di essere andato in un museo, di aver partecipato ad un seminario, di aver scritto dei saggi, di aver organizzato attività extracurriculari a favore della comunità. Ci sono centinaia di docenti che sono impegnati in comitati, associazioni a riflettere e far pensare sui cambiamenti in atto: a loro va riconosciuto questo impegno. Così come ci sono centinaia di colleghi che non frequentano musei, non leggono un libro, un quotidiano, non sanno cos’è accaduto oltre il cancello della scuola.

E allora più soldi, più dignità ma nella consapevolezza che chi insegna ha il dovere prima di tutto di fare bene il cittadino.

 

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