Tra le grandi conquiste dell’Occidente democratico vi è la libertà dei media. Ogni testata sia televisiva, carta stampata, radio o rete può scrivere ciò che ritiene più in linea con la propria posizione editoriale. Un approccio simile si può dire degli artisti: siano essi registi, scrittori, artisti la libertà di opinione è un pilastro delle moderne democrazie.

Cosa succede quando un cittadino di una società basata su una democrazia cosi adamantina ha un conflitto di opinione con un cittadino di una società che ha maggior interesse per difendere la sua fede religiosa, economica, o nazionale? L’affare di Parigi è lo scenario peggiore. Che la Francia sia una nazione esposta fortemente al rischio di fenomeni estremi, da parte di una estrema minoranza di integralisti, non è certo un segreto. Timori sottolineati spesso anche anche dalla destra nazionale di Le Pen in casi del tutto fuori contesto: è di qualche anno fa la aperta critica di Le Pen (padre), riportata anche da Cnn, sulle scelte del Qatar di investire nelle banlieu intorno a Parigi. Le critiche nazionaliste dibattevano il tema parlando di un “cavallo di Troia”. Una scelta di vocaboli poco felice. Dal video dell’attacco di Parigi si evince che il commando parla in francese e inneggia a Allah. A mio avviso sembra una missione speciale. Dalle armi da assalto alla scelta dei bersagli questo evento sembra strutturato. Pianificato il bersaglio, un modo di muoversi freddo e calcolato, una via di fuga. Quindi varrebbe la pena domandarsi chi sia il mandante. Per quanto ultimamente l’Isis non fa segreto di invitare i fedeli a combattere l’occidente con ogni arma, anzi differenti analisi dettagliano gli strumenti di comunicazione e le tattiche che questo nuovo esercito medio orientale utilizza, l’esercito del Califfo o altre organizzazioni religiose estreme non hanno dichiarato di esserne i mandanti (malgrado le dichiarazioni del commando di appartenere ad Al Queda).

Questo evento richiama le missioni punitive delle brigate rosse italiane negli anni bui della nostra Repubblica.

Varrebbe la pena considerare una volta tanto come i media occidentali scelgono di comunicare. Intendiamoci io stesso sono il primo a rispettare la libertà di opinione, e apprezzo l’ironia. Tuttavia su sette miliardi di persone è plausibile che non tutti apprezzino l’ironia, talvolta caustica, di alcuni media. L’idea facilmente abbracciata da chiunque tratti in un modo o un altro l’informazione (o la cultura) è che l’occidente, culla di libertà di espressione e diritti inalienabili, sia una roccaforte dove chiunque può trovare rifugio dopo aver criticato, o verbalmente assalito culture o religioni meno avvezze all’autoironia. In un editoriale del 7 gennaio il Financial Time parla, riferendosi alla testata satirica di “irresponsabilità editoriale”. Una posizione contro tendenza rispetto a tutti i media che inneggiano alla libertà del giornalismo.

Cinicamente parlando chi potrebbe trarre un vantaggio (non voluto ne cercato bene inteso) da questo attacco? Prima di tutto il nuovo libro di Michel Houellebecq farà una vendita di fuoco. Un libro di fantapolitica che vede la Francia del 2022 (lo stesso anno in cui in Qatar si terranno i campionati di calcio Fifa 2022) islamizzata. Un libro per nulla sconvolgente ne innovativo nei temi trattati, come i precedenti capitoli, ma ovviamente, grazie a Parigi, diventerà un best seller. Il secondo gruppo di persone che avranno da trarre beneficio saranno tutti i partiti che hanno un aspirazione nazionalista. Madame Le Pen nei prossimi giorni avrà vita facile a incitare i suoi elettori all’unità nazionale. In Italia, con l’eredità del nazionalismo passato dai partiti di destra alla Lega, ci sarà un gioco simile. Il senatore leghista Centinaio in tv su Sky dice che siamo diversi. Certamente, siamo diversi da nord e sud, tra italiani e francesi, tra ebrei e mussulmani. La diversità non è certo una novità di questo mondo. Tuttavia il richiamo alla diversità è fin troppo facile. Francia e Regno Unito sono le due realtà maggiormente esposte a fratture della società civile in ambito religioso. La Germania ha nello stomaco milioni di turchi, di cui una buona parte di religione islamica. I paesi nordici hanno una amplia popolazione proveniente da paesi di religione islamica.

Il problema, secondo Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana alla Nato che dirige il rapporto su: “Il ruolo dei Paesi del Golfo nella crisi del Mediterraneo e nella lotta al terrorismo internazionale” è che “in questo momento bisogna evitare di fare generalizzazioni. C’è poi la minaccia che nell’immediato è più pericolosa: la competizione che si può scatenare fra le principali organizzazioni terroristiche internazionali per questioni di leadership e visibilità. È evidente che in questo momento il rischio discende dalla possibilità di una spirale di terrore più grossa che può innescarsi tra esse”. Una sorta di escalation di creazione del marchio tra, per esempio, Isis e Al Qaeda ( di per sé due organizzazioni rivali).

Chi sono quelli che pur di fede differente, vivono tra noi? Questa domanda potrà essere facilmente instillata, grazie alla grancassa dei media, nelle menti della popolazione media francese. Già da ora mi viene in mente una manifestazione contro l’Islam che dovrebbe aver luogo in Francia nei prossimi giorni. Il mondo occidentale di tanto in tanto scopre che fuori dai confini esiste un mondo che in vero fatichiamo ancora a comprendere nelle sue più profonde radici. Il terrorismo non è un evento casuale, ma è figlio di disagi sociali ed economici in paesi problematici che, non trovando un inquadramento e un supporto nella società civile, può degenerare in eventi estremi. In Francia seconde e terze generazioni, cittadini francesi, che son insoddisfatti possono trovare “soddisfazione” nel combattere. In seguito tornare in Francia con una formazione militare. Questa tendenza è in evoluzione.

Twitter: @enricoverga

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