L’universo come lo conosciamo è sempre più affollato. Come aveva già intuito Giordano Bruno più di quattro secoli fa scrivendo che “non è un sol mondo, una sola Terra”, nuovi pianeti si aggiungono all’elenco dei mondi che abitano sistemi solari diversi dal nostro. Tornato da poche settimane in servizio dopo lo stop forzato del maggio 2013 a causa di un guasto nel suo sistema di orientamento, il telescopio spaziale della Nasa Kepler ha appena tagliato il nuovo significativo traguardo dei mille esopianeti scoperti. Due di loro sono molto simili alla Terra. Gli ultimi risultati, presentati al meeting dell’American astronomical society, sono in corso di pubblicazione sulla rivista “The Astrophysical Journal”.

Come aveva già intuito Giordano Bruno più di quattro secoli fa scrivendo che “non è un sol mondo, una sola Terra”

Tra i nuovi arrivati, in particolare, un paio di pianeti alieni stanno catturando l’attenzione di astrobiologi e planetologi. Orbitano, infatti, intorno alla propria stella di riferimento nella cosiddetta zona di abitabilità, una regione di spazio collocata alla giusta distanza dall’astro, con temperature né troppo elevate, né troppo basse, tali cioè da mantenere sulla superficie acqua allo stato liquido. Una condizione indispensabile, secondo gli studiosi, per rendere un pianeta potenzialmente adatto a incubare la vita. “Ogni nuovo risultato che emerge dal tesoro di dati raccolti dal cacciatore di pianeti Kepler, ci porta un passo più vicini a rispondere alla domanda se siamo soli nell’universo”, sottolinea John Grunsfeld, uno degli amministratori della Nasa.

Il telescopio spaziale della Nasa Kepler ha appena tagliato il nuovo significativo traguardo dei mille esopianeti scoperti

Per scoprire se un pianeta è fatto di acqua, roccia o gas, gli scienziati devono prima conoscerne dimensioni e massa. Ed è qui che entra in gioco Kepler, che negli ultimi cinque anni ha scandagliato il cielo monitorando più di 150mila stelle alla ricerca dei candidati giusti. L’individuazione di nuovi mondi avviene indirettamente. I sofisticati occhi di Kepler sono, infatti, in grado di dedurne l’esistenza, osservando la diminuzione della luce proveniente dalle loro stelle dopo piccole eclissi provocate dal transito periodico del pianeta. Dei tre nuovi mondi appena scovati, due sono rocciosi e, secondo gli astronomi della Nasa, sono i più simili alla Terra tra i numerosi mondi finora catalogati, soprattutto per la quantità di energia e calore che ricevono dalle loro stelle. Denominati “Kepler-438b” e “Kepler-442b”, sono poco più grandi della Terra e si trovano, rispettivamente, a 475 e 1100 anni luce di distanza dal Sistema solare. Le stelle attorno alle quali orbitano sono più piccole e più fredde del Sole e questo rende le loro fasce di abitabilità più prossime ai loro astri di riferimento, in direzione della costellazione della Lira.

Denominati “Kepler-438b” e “Kepler-442b”, sono poco più grandi della Terra e si trovano a 475 e 1100 anni luce di distanza dal Sistema solare

Occorreranno nei prossimi mesi analisi più approfondite per studiare le caratteristiche di questi nuovi mondi. Gli scienziati della Nasa stanno preparando un nuovo catalogo degli esopianeti, in cui saranno inseriti anche i nuovi dati raccolti nell’ultimo mese da Kepler. Gli astronomi proveranno, ad esempio, a capire quanto è frequente l’esistenza di pianeti rocciosi in zone di abitabilità di stelle simili al Sole. “Stiamo cercando di comprendere il nostro posto nell’universo – sottolinea Fergal Mullally, dell’Ames research center della Nasa e membro del progetto Seti (Search for extraterrestrial intelligence) -. Siamo più vicini di quanto non lo fossimo mai stati alla scoperta di Terre gemelle, che orbitano intorno a stelle come il nostro Sole. È a questi pianeti che stiamo dando la caccia”.

“Siamo più vicini di quanto non lo fossimo mai stati alla scoperta di Terre gemelle, che orbitano intorno a stelle come il nostro Sole”

Le prossime tappe di questa caccia saranno il lancio, nel 2017, del successore di Kepler, il telescopio della Nasa Tess (Transiting exoplanet survey satellite), che esplorerà l’intera volta celeste, anziché uno spicchio come fa Kepler. I possibili candidati come gemelli della Terra verranno poi studiati più approfonditamente dal successore del telescopio Hubble, il James Webb space telescope, che dovrebbe essere lanciato nel 2018. “La tappa finale di questo viaggio – conclude David Kipping, astronomo presso l’Harvard Smithsonian center for astrophysics e coautore del nuovo studio – è l’analisi dell’atmosfera di questi nuovi pianeti, alla ricerca di possibili tracce di vita, come un segnale relativo alla presenza di clorofilla”.

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