Il 2014 non ha proprio portato buone nuove per chi segue l’obiettivo della genitorialità come una chimera. Prima di Natale è uscita un’interessante inchiesta giornalistica nella quale è stato rilevato che sono appena una trentina i trattamenti effettuati in Italia di fecondazione eterologa, dopo che la stessa è stata legalizzata dalla sentenza dell’aprile scorso della Corte costituzionale, che ha considerato illegittimo il divieto posto dalla legge 40.

Ma 30 domande sono “troppo poche” è scritto nel servizio giornalistico “per soddisfare le richieste delle migliaia di coppie che chiedono di avere un figlio utilizzando i gameti di una terza persona”. Giusta osservazione. Tutto ciò evidenzia il sostanziale, anche se non giuridico e formale, blocco rappresentato a questo tipo di pratica. In Lombardia, in modo particolare, è stato chiaro sin dall’inizio che la “politica” non aveva alcun interesse a far in modo che la fecondazione eterologa decollasse nelle strutture pubbliche.

Tutto ciò ha generato un disinteresse ed una “distrazione” di fronte al tema che ha avuto come conseguenza un fallimento del sistema di donazione dei gameti. “Il quadro che si presenta è sconfortante” scrive il giornalista di Repubblica, che ha poi rilevato: “Nel nostro Paese non ci sono quasi donatrici”. Anche se nella legge di stabilità la ministra della Sanità, Beatrice Lorenzin, ha inserito un emendamento che istituisce un registro anonimo dei donatori, la cosa sembra che non abbia generato alcun beneficio.

Se in Italia non decolla una cultura che accetti questo tipo di pratica e la promozioni a partire proprio dagli ospedali e dai laboratori pubblici, a che serve un registro che rimane poco conosciuto e per nulla di facile accesso? Forse a far dire ai politici che quel che era in loro potere è stato fatto e di conseguenza, subito dopo, lavarsene le mani.

Non è proprio in questo modo che si risponde all’esigenza di genitorialità che molte donne e molti uomini dimostrano di avere in questo Paese. Io ritengo che chi è vittima di certi problemi di salute abbia pieno diritto, come le persone sane, di dar seguito al desiderio della gioia di avere una figlia o un figlio. Inoltre ha pure il diritto di non dover soffrire dei cavilli o dei ritardi attraverso i quali questa esigenza non ottiene risposta, pur legittimata dallo Stato di diritto.

Nel frattempo altri genitori… Altri genitori di fatto soffrono, in un certo senso, della medesima tendenza a procrastinare, a soffocare i diritti con le lungaggine e i bizantinismi della burocrazia. Si tratta delle coppie omosessuali che hanno costituito famiglie di fatto omogenitoriali e che all’interno di quel nucleo “cullano” la presenza di un minore. Può trattarsi di un figlio frutto di un precedente rapporto etererosessuale, oppure di una procreazione medicalmente assistita, naturalmente praticata all’estero.

Fatto sta che, secondo le ultime stime, circa 100 mila minori in Italia vivono in famiglie omogenitoriali, godendo di “vecchi” diritti, totalmente estranei al nucleo che oggi abitano. Ovvero resta per loro il completo riconoscimento legale del genitore biologico, viceversa nei confronti dell’altro sono degli emeriti sconosciuti; situazione parossistica dove esiste un padre o madre che pur provando il medesimo amore e la medesima sofferenza del genitore “di sangue”, all’improvviso potrebbe scompari che la legge non avrebbe nulla da dire o eccepire.

Anche per emendare questo tipo di situazione ci si aspettava che il 2014 sarebbe stato un anno decisivo. Invece niente. Nessuna legge sulle unioni civili, come promesso dal Governo, e nessuna step child adoption, ovvero opportunità della madre o del padre non-biologico di adottare il figlio o i figli presenti nella coppia, per garantirsi un pieno diritto alla genitorialità che oggi viene negato.

Poprio un brutto anno, quello appena trascorso, per chi sogna di essere papà o mamma; per chi ha la natura che lo frena e chi leggi ha culture datate e retrograde che glielo impediscono. Che dire? Speriamo nel 2015.

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