Cancellare la maggior parte del valore nominale del debito pubblico, per poi introdurre una moratoria sul piano di rientro e una clausola di crescita per ripianare il debito restante”. È la proposta messa nero su bianco da Alexis Tsipras, leader di Syriza, in un intervento scritto per The World Post e pubblicato anche sul Corriere della Sera. L’uomo il cui probabile successo elettorale alle urne convocate per il 25 gennaio sta spaventando le Borse europee, che lunedì 5 gennaio sono calate a picco sulla scia del calo del petrolio ma soprattutto dell’incertezza sull’esito delle elezioni in Grecia. Dopo che tra sabato e domenica si sono diffuse indiscrezioni su una presunta “apertura” del governo tedesco all’ipotesi di un’uscita del Paese dall’eurozona. Rumors poi smentiti da Berlino e destituiti di ogni fondamento dalla Commissione Ue, senza riuscire però a rassicurare davvero i mercati.

Per tranquillizzare sia i creditori privati sia i suoi stessi concittadini, che sono per il 74% favorevoli alla permanenza nella moneta unica, Tsipras assicura che “non c’è nulla da temere”, perché la sua formazione “non vuole il crollo, ma la salvezza dell’euro. E per ottenere questo risultato non serve proseguire le politiche fallimentari di austerity, ma tornare a crescere e cancellare la maggior parte del valore nominale del debito pubblico”. Il giovane leader della sinistra ellenica dato per favorito dai sondaggi spiega che la sua linea di pensiero è sovrapponibile nientemeno che a quella del presidente della Bce Mario Draghi. In questa fase, scrive infatti Tsipras, l’Europa deve scegliere tra due strade alternative: “Da una parte, la prospettiva delineata dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble: occorre rispettare gli impegni presi e proseguire su quella strada, a prescindere dai risultati ottenuti. Dall’altra, la volontà di ‘fare tutto il possibile‘ – suggerita dal presidente della Banca centrale europea – per salvare l’euro. Le elezioni greche saranno il campo sul quale si sfideranno queste due strategie. Sono convinto che quest’ultima prevarrà per un’altra ragione ancora: perché la Grecia è la patria di Sofocle, il quale ci ha insegnato, con Antigone, che talvolta la suprema legge è la giustizia”. Inevitabile la citazione della grande drammaturgia della Grecia classica, che ha improntato l’identità culturale di tutta Europa.

Il 22 gennaio la Bce deciderà se lanciare subito il programma di acquisto di titoli di Stato. La banca centrale tedesca è contraria perchè teme ripercussioni sui Paesi virtuosi 

E dire che proprio Draghi, secondo molti osservatori, è messo alle strette dalle rivendicazioni di Tsipras a cui si contrappone frontalmente il rigorismo tedesco: il 22 gennaio si riunisce il Consiglio dell’Eurotower che dovrà decidere se procedere subito con il piano di acquisto di titoli di Stato (quantitative easing) per rilanciare la crescita dell’Eurozona. La banca centrale tedesca è contraria proprio perché teme ripercussioni sui bilanci dei Paesi più virtuosi. Tanto più dopo che il leader di Syriza ha insistito sul fatto che, in quell’eventualità, anche i titoli greci dovranno rientrare tra quelli oggetto del programma. Di qui lo stallo, che potrebbe indurre la Bce a rinviare ancora per attendere l’esito delle elezioni greche.

Quanto ai contenuti del programma di Syriza – contrapposto a quello dell’attuale premier Antonis Samaras che “non ha niente da offrire, tranne la sottomissione ai precetti di un’austerità dannosa e fallimentare” – Tsipras spiega che “prevede azioni per porre fine alla crisi umanitaria; misure di equità fiscale, affinché l’oligarchia finanziaria, che non è stata sfiorata dalla crisi, sia finalmente costretta a pagare; un piano di rilancio dell’economia per contrastare gli altissimi livelli di disoccupazione e tornare a crescere“.

La Grecia intende trasformare il debito in un bond da restituire quando il Paese crescerà almeno del 3% l’anno

Resta il nodo del debito, che ha toccato quota 330 miliardi di euro, pari al 175% del Pil. Nei giorni scorsi l’economista Yanis Varoufakis, tra i principali consiglieri del leader, aveva spiegato che Atene intende negoziare con la troika una trasformazione del debito – l’80% del quale è in mani pubbliche – in “un maxi-bond a scadenza illimitata” di cui il Paese inizierà la restituzione “quando le condizioni lo permetteranno e si sarà innescata in Grecia una crescita almeno del 3-3,5%”. La “clausola di crescita” di cui scrive Tsipras, appunto. Tutto da vedere se la Ue e la Bce, ma soprattutto il Fondo monetario, a cui quest’anno Atene deve rimborsare 9 miliardi, saranno disposti a rinegoziare. Mercoledì il tasso di interesse sui titoli di Stato a 10 anni della Grecia è salito di 31 punti base al 10,055%, il livello più alto da fine settembre del 2013.

Mentre è atteso per domenica un vertice tra la Cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande con al centro inevitabilmente le prospettive dell’area euro tra voto greco e mosse della Bce, mercoledì il tabloid Bild scrive che il governo tedesco sta lavorando a strategie concrete per reagire all’eventualità di una uscita della Grecia dall’euro. Se le elezioni fossero vinte da Tsipras e il percorso di riforme fosse interrotto, si legge, non sarebbero versati ad Atene i restanti 10 miliardi di euro di aiuti previsti. Intanto l’istituto di ricerca di Monaco Ifo ha calcolato in 77 miliardi il costo per l’economia nazionale di un’eventuale “Grexit”. L’ulteriore indiscrezione è stata però smentita dal portavoce della Merkel, Steffen Seibert. Mentre il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, ha definito “speculazione irresponsabile” le voci sull’uscita della Grecia dall’eurozona, sottolineando come possano spingere gli elettori ellenici a votare per partiti più radicali.

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