Che cosa ci faceva la Blue Sky M a Zacinto, nell’isola greca nota anche come Zante, la mattina del 29 dicembre? Come ha fatto a ripartire da lì e passare inosservata con il suo carico di 678 migranti arrivati poi a Gallipoli all’alba del 31? E’ uno dei quesiti, probabilmente il più rilevante dal punto di vista politico, che pone sul tavolo l’odissea dei disperati siriani sbarcati nel Salento. La nave Ezadeen trainata in Calabria, il secondo caso nel giro di due giorni, conferma che la rotta di Levante è ufficialmente riaperta e potrebbe iniziare a prendere il posto di quella lampedusana. È ritenuta più sicura dopo la fine della missione Mare Nostrum. E non è un caso che, stando ai dati più aggiornati delle Capitanerie di Porto, dallo scorso mese di settembre dalla Turchia siano salpate tredici navi cariche di disperati. Ma quale ruolo gioca la Grecia in tutto questo? “Lì non abbiamo avuto alcun controllo”, hanno risposto agli inquirenti i quattro presunti scafisti arrestati a Lecce, durante i primi interrogatori nel carcere di Borgo San Nicola.

“E’ un aspetto che stiamo verificando e di cui dovremmo discutere con il governo ellenico – confermano a ilfattoquotidiano.it dal comando di Roma della Guardia Costiera -. Per quanto dai primi avvistamenti sembrasse un semplice mercantile, poiché le persone erano tutte sotto coperta, di certo da noi una nave così non potrebbe entrare in nessun porto né lasciarlo senza controlli”. Ciò che è certo è che è dalle acque di Zacinto che il cargo battente bandiera moldava inizia a prendere il largo, alle ore 9.36 Utc (tempo coordinato universale), le 11.36 ora italiana, del 29. Lo rivela il sito marinetraffic.com, sulla base del sistema di identificazione satellitare. La Blue Sky M naviga per 24 ore; forse anche a causa del mare in tempesta, si incunea tra le isole a nord di Corfù, dove resta ferma per poco più di un’ora. Poi riaccende i motori, si muove per venti minuti e, infine, spegne il segnale Ais. Quel che accade dopo è la cronaca degli ultimi giorni. Ma quello che è accaduto prima resta il nodo essenziale non solo di questa storia, ma anche di quelle destinate a seguirla.

Lo scalo in Grecia è sistematico? A dare risposta saranno le indagini, come quelle avviate dalla Procura di Lecce per favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Ma quello che sta già emergendo è il fenomeno in piena regola delle “navi fantasma”, comprate “al termine della loro vita operativa, carrette del mare acquistate a 100-150mila dollari e poi riempite di centinaia di migranti, in prevalenza di nazionalità siriana, che arrivano a pagare ciascuno anche 6mila dollari per la traversata dalle coste turche alla volta dell’Europa”, ha spiegato all’Adnkronos l’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante dei reparti operativi della Guardia Costiera.

Un business fiorente, che arriva a fruttare fino a 5-6 milioni di dollari per ogni viaggio, margini di guadagno altissimi, tanto da non far avere ai trafficanti “alcuna remora ad abbandonare la nave”. Il copione si è ripetuto con la Ezadeen, apparentemente lasciata senza equipaggio a 40 miglia al largo di Capo Leuca, “il terzo caso in queste ultime settimane”. E inizia ad avere contorni più definiti anche il misterioso ritrovamento, agli inizi di dicembre, di un cargo battente bandiera della Repubblica di Palau, guarda caso proprio a Zante.

Per ricostruire il puzzle, bisogna fare, tuttavia, un passo indietro. “Si parte da ogni città turca che abbia un porto, Instanbul, Mersin, Antalya, con cadenza ogni due o tre giorni”, hanno riferito i siriani ospitati nelle scuole di Gallipoli. E pare essere proprio Mersin il vero colabrodo, dove alla luce del sole avviene per giorni il trasbordo da imbarcazioni più piccole alle navi madri. Si è spostata qui l’emorragia del Vicino Oriente, dopo che il governo di Atene ha fatto innalzare il muro di Evros, la barriera metallica di dieci chilometri, filo spinato e camere termiche che nel 2013, secondo il rapporto Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, hanno fatto crollare gli arrivi irregolari via terra da duemila a dieci alla settimana. Adesso, però, c’è un problema nel problema: i trafficanti “impostano il pilota automatico e la rotta verso le coste italiane, bloccando il motore ad una velocità di circa 10 nodi”, conferma l’ammiraglio Pettorino. E le navi alla deriva in un tratto di Mediterraneo dal traffico intenso rischiano di trasformarsi in bolidi, un “gravissimo problema per quanto riguarda la sicurezza della navigazione”.

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