Come per tutte le rock star – e Thomas Piketty lo è, per quanto nella sottospecie “economista” – una certa dose di ribellismo e anticonformismo è quasi d’obbligo. Pure il “gran rifiuto”, seppure in sedicesimo rispetto all’originale dantesco, fa parte dello spettacolo d’arte varia che l’intellò, ovviamente engagé, offre in comunione spirituale al suo pubblico progressista. E così l’uomo che è soprannominato senza ironia “il Marx del XXI secolo” – d’altronde ha scritto Il Capitale del XXI secolo, non solo: ne ha vendute un milione e mezzo di copie nel mondo – ieri ha stupito solo con moderazione quando ha annunciato al mondo di aver rifiutato la Legion d’Onore, ordine cavalleresco istituito da Napoleone nel 1802, la più alta onorificenza conferita dalla Repubblica francese: “Ho appena appreso che mi hanno proposto per la Legion d’Onore. Rifiuto il riconoscimento perché non penso che sia il ruolo del governo decidere chi sia da onorare”, ha scolpito Piketty – citando il sindacalista Edmond Maire, che la rifiutò più o meno con la stessa frase – quando a Rue de la Légion d’honneur numero 2 ancora non avevano nemmeno cominciato a lucidare stelle e distintivo a lui dedicati. Il Gran Maestro, infatti, è per statuto il presidente della Repubblica, cioè Francois Hollande: “Lo Stato farebbe bene a consacrarsi al rilancio della crescita in Francia e in Europa”.

Il 43enne di Clichy, d’altra parte, è in ottima e augusta compagnia. Il caso più famoso è quello di Jean Paul Sartre, sorta di rock star ante litteram, che rifiutò la Legion d’Onore nel 1945 perché lo scrittore non può divenire un’istituzione. Il rifiuto, peraltro, fece assai bene all’immagine di Sartre. Schiere di colleghi seguirono l’esempio: da Albert Camus a Simone de Beauvoir, da George Bernanos a Marcel Aymé. Quando il poeta Louis Aragon la rifiutò (ma finirà per accettarla qualche anno dopo), Jacques Prévert buttò lì con aria di falso rimprovero una battuta rimasta famosa: “Rifiutarla va bene, ma bisognerebbe non averla guadagnata”.

Pure il cantante Leo Ferret volle tenersi lontano da “questo nastro sfortunato e rosso come la vergogna”, mentre il collega George Brassens, dopo il no, mise in musica “l’insegna fatale che non perdona”. Più crudo il compositore Hector Berlioz: “Della croce non me ne frega niente, ma mandatemi i miei soldi” (il premio da 3.000 franchi, ndr). Pierre Curie, asciutto come si addice a un uomo di scienza, si concesse solo un “non ne vedo il motivo”, quando gliela proposero. Anche molte donne hanno rifiutato la Legion d’Onore: da Brigitte Bardot a Catherine Deneuve, tutte eredi della scrittrice George Sand, che trovò il modo di sottrarsi scrivendo un delizioso non possumus al ministro proponente (“Non fatemi questo, amico mio, vorrei evitare di avere l’aria di una vecchia vivandiera militare”). Ora è il turno di Thomas Piketty di rifiutare nastro, croce e distintivo pur avendo – a norma Prevert – il torto di averli meritati.

da Il Fatto Quotidiano del 2 gennaio 2015

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