“Nella scena con cui si inizia, nel Foro Romano, non v’è retorica, non v’è grandezza, né memoria, né storia. Appare un mucchio di rovine e di colonne ridotte in pietrame, sotto un cielo grigio. E’ la scena in cui Totò appiccica la solita patacca allo straniero, l’americano”. In questo modo Lamberto Sechi recensiva nel dicembre del 1951 Guardie e ladri, il film di Steno e Monicelli. Gli scavi più importanti di Roma negli anni Cinquanta apparivano dunque un luogo senza memoria e storia. Almeno, erano rappresentati come tali. Dopo più di sessanta anni la situazione non sembra poi così migliorata. Nonostante propositi e progetti.

Anche per questo la commissione nominata ad hoc dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha fatto scelte precise. Per l’area centrale di Roma. Con un focus indiscusso: i Fori imperiali. Aumento della pedonalizzazione e limitazione del traffico ai soli mezzi pubblici  per via dei Fori imperiali. Diversificazione degli accessi all’area archeologica, realizzando un’entrata al Palatino lungo via dei Cerchi, per la quale è quindi prevista la pedonalizzazione. Foro romano gratuito. Non soltanto. Anche realizzazione della ricostruzione dell’arena al Colosseo. Collegamento tra l’Anfiteatro Flavio e il Ludus Magnus, l’area archeologica, tra via Labicana e via San Giovanni in Laterano, da rendere fruibile. Un pacchetto di misure per cambiare il quadrilatero archeologico di Roma. Ora, tralasciando la questione del Colosseo, risolta sposando proprio la proposta che tante polemiche aveva suscitato e la decisione di rendere finalmente visitabile il Ludus Magnus, è evidente come gli sforzi maggiori si siano concentrati sui Fori. A ragione.

“In questi anni ai Fori Imperiali si è proceduto con progetti disomogenei. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un’area poco comprensibile e difficile da vivere”, sostiene Adriano La Regina, uno dei saggi della commissione. Per questo motivo ad indirizzare decisioni, a suggerire linee guide, sono state “questioni di assetto generale” e “problemi specifici”, ha affermato l’ex soprintendente ai Beni archeologici di Roma. Sul fatto che le aree archeologiche ai lati di via dei Fori Imperiali risultino disomogenee, pochi dubbi. Lo erano prima delle indagini archeologiche per il Giubileo del 2000, che hanno aggiunto parti del Foro di Traiano, da un lato, e dei Fori di Cesare e Nerva, dall’altro. Aumentando il disordine e accrescendo le difficoltà nella comprensione generale. Lo sono ancora ora. Di più. Nonostante nel Foro Romano e Palatino si siano succedute indagini su singoli monumenti, su contesti specifici.

Perché è avvenuto ciò? Ma perché oltre ad essersi colpevolmente dimenticati di riorganizzare l’area, non si è proceduto a creare percorsi di facile accessibilità, non si è provveduto ad una pannellistica adeguata. Ma questo fa parte del passato. Per il futuro è prevista l’apertura del Foro romano. Insomma uno spazio antico che ritornerà davvero ad essere parte integrante del tessuto urbano moderno. Non più solo un luogo da visitare. Ma anche di collegamento, di passaggio. Un’idea questa che appare ispirata alla visione di Giovanni Caudo, assessore alla Trasformazione urbana di Roma, per la rivitalizzazione dell’area archeologica centrale. Un ritorno all’antico che prevede l’abbattimento della barriera tra “fuori” e “dentro”. La ricomposizione di una unitarietà interrotta, frazionata, anche da via dei Fori Imperiali. Una sorta di riconsegna alla città, ai suoi abitanti, di uno spazio da tempo interdetto, alienato. Ad incrementare questa nuova funzione anche un ponte sospeso. “Per collegare le piazze antiche”, per superare l’ostacolo “dei livelli antichi”, aggiunge La Regina. Elemento questo del ponte che rimanda al progetto per i Fori di Raffaele Panella con pensiline passanti.

Quanto il piano degli esperti del Mibact e del Comune sarà capace di inserire la grande area archeologica nella città non è dato sapere. Quanto ponte e pensiline riusciranno a fare da legante, lo verificheranno i dati concreti. Ma il punto è altro. L’operazione proposta mira a superare differenze tra antico e contemporaneo che esistono. Che andrebbero rispettate. Anche nel tentativo di esaltare le potenzialità di ciascuna parte. Non è né possibile, né tato meno auspicabile aggiungere nuove funzioni a spazi, come quelli dei Fori, che debbono essere visitati, osservati. Ma che non possono essere utilizzati come transito. In questo modo il luogo che si vorrebbe di identificazione culturale, rischierebbe di mutarsi in luogo comune. In generico spazio da attraversare, al più nel quale sostare. Con il pericolo di trasformarla in zona di degrado. Tra centurioni e ambulanti. Senza contare i possibili danni materiali che questo consumo massiccio dell’area potrebbe comportare. I grandi flussi turistici è sperimentato quanto incidano sulla tenuta delle aree archeologiche. Sulla necessità di interventi di manutenzione più frequenti e più complessi. Criticità già di difficile soluzione in quei siti nei quali ci sono degli introiti derivanti dagli ingressi. Tanto più irrisolvibili lì dove si preannuncia la gratuità dell’ingresso.

Così tra elementi propri di un’urbanistica visionaria e quelli, invece, di un’archeologia per tutti, si va avanti. Mentre nei cantieri della costruenda Metro C su via dei Fori Imperiali si continua a lavorare, tra distruzioni e costruzioni, si prepara la nuova Roma. Se non fosse che la prospettata gratuità, l’eliminazione di differenze tra dentro e fuori, banalizzeranno quei luoghi antichi, ce ne sarebbe per rallegrarsene. E’ per questo che a prevalere è una certa preoccupazione.

“Ber buscio! Bbella fossa! Bber grottino! Bbelli sti serci! Tutto quanto bbello! E gguardate un po’ lli cquer capitello Si mmejjo lo po’ ffà uno scarpellino! E gguardate un po’ cqui sto peperino Si nun pare una pietra de fornello”. Così scriveva Giuseppe Gioacchino Belli nel sonetto Papa Grigorio a li scavi, nell’intento di mettere in risalto la totale incompetenza culturale di Gregorio XVI. A fare la differenza nel vedere le cose, nel proporre e suggerire, è ancora la capacità di utilizzare le proprie esperienze. Ancora oggi, come ai tempi del Belli.

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