Mentre il governo, con il Consiglio dei ministri di oggi, si appresta a svelare il suo piano per il nuovo sussidio di disoccupazione universale, dalla Spagna arriva un campanello d’allarme: la coperta delle risorse prevista dal nostro esecutivo è troppo corta. Solo per finanziare un sostegno per i disoccupati di lunga durata, cioè chi è senza lavoro da molto tempo e non ha più diritto al sussidio, Madrid si prepara a spendere oltre un miliardo di euro in soli 15 mesi. Il nostro governo, invece, per la riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, ha stanziato in legge di Stabilità 2,2 miliardi di euro. “Per un’operazione del genere servirebbero 4 miliardi di euro – spiega Tito Boeri, economista de lavoce.info e docente all’università Bocconi  – I 2,2 miliardi previsti dalla legge di Stabilità sono ancora troppo pochi. E, nel calcolo, non ho tenuto conto delle risorse necessarie per il sussidio ai disoccupati di lunga durata, che se fosse approvato sarebbe un intervento molto importante”.

Ma per avere un quadro più completo della questione coperture occorre fare un passo indietro. La nuova Aspi (Naspi), in base a quanto fatto trapelare dal governo, sarà estesa a una platea più ampia, che comprenderà precari con contratti a termineatipici o di collaborazione, per un totale, stima l’esecutivo, di circa 1,2 milioni di persone: il sussidio potrà infatti essere erogato a quanti avranno lavorato anche per soli tre mesi nell’ultimo anno. L’assegno durerà fino a due anni, mentre adesso si limita a 14 mesi, e partirà da 1.100-1.200 euro per poi scendere, con il passare dei mesi, a 700.

Un ampliamento della platea di beneficiari, dunque. A questa mossa deve corrispondere necessariamente un aumento delle risorse a disposizione. Nei piani del governo, la Naspi andrà a coprire lo spazio lasciato vuoto dal superamento di buona parte degli attuali ammortizzatori sociali: mobilità, cassa integrazione in deroga, indennità di disoccupazione e, naturalmente, Aspi e mini Aspi. Nel 2013, questi strumenti hanno interessato circa 2 milioni di persone e sono costati alle casse dell’Inps circa 18,2 miliardi di euro. Se ci aggiungiamo i 2,2 miliardi stanziati nella manovra e gli 1,2 milioni di nuovi beneficiari della Naspi stimati dal governo, possiamo ipotizzare che per il sussidio universale, una volta a regime, si spenderanno circa 20,5 miliardi. A questo va aggiunto il fatto che nel giro di due anni la spesa per gli ammortizzatori contro la disoccupazione è aumentata da 11,6 a 13,5 miliardi e il numero dei disoccupati continua a salire costantemente da tre anni. E i 3,2 milioni del terzo trimestre 2014 rappresentano un record dal 2004.

In questo quadro, il Jobs Act prevede il varo di un’ulteriore prestazione sociale. Nel testo della legge delega, infatti, tra i principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il governo compare la “eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’Aspi, di una prestazione (…) limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee, ndr), con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti”. Come in Spagna, si intende quindi venire incontro a quanti hanno esaurito il sussidio di disoccupazione, la nostra Aspi, ma sono ancora senza un lavoro e in stato di difficoltà economica. E al tempo stesso si prepara un percorso di reinserimento lavorativo.

Questo passaggio del Jobs Act ricorda infatti da vicino la “ayuda extraordinaria” introdotta da Madrid: il 15 dicembre è stato firmato un accordo tra il governo spagnolo e le parti sociali per garantire un aiuto mensile ai disoccupati di lunga data. La prestazione spetterà a quanti hanno esaurito il sussidio di disoccupazione da oltre un anno e si ritrovano senza alcun reddito e con familiari a carico. L’assegno sarà di 426 euro e avrà una durata di sei mesi. Durante questo periodo, i beneficiari del sussidio parteciperanno a un percorso personalizzato di orientamento al lavoro. Secondo fonti ministeriali la misura avrà un costo tra 1 e 1,2 miliardi di euro e interesserà una platea di 400-450mila disoccupati. Il programma è sperimentale e avrà una durata di 15 mesi, dal 15 gennaio 2015 al 15 aprile 2016, anche se è prevista una verifica tra le parti per valutarne gli effetti e l’eventuale proroga.

Saltano però all’occhio alcune differenze tra i piani dei due governi. Innanzitutto la forma scelta. Nel caso spagnolo si tratta di un accordo tra l’esecutivo e le parti sociali con una durata ben definita. Il governo Renzi, invece, ha inserito lo strumento direttamente nella riforma del lavoro, rendendolo, si suppone, una misura strutturale. Eppure, se da una parte Roma sembra puntare in modo più deciso su questa forma di sostegno, dall’altra l’aggettivo “eventuale” lascia al governo la facoltà di realizzare o meno la misura. Insomma, nella legge che dovrebbe impegnare l’esecutivo è già contenuta la scappatoia. E qui, tornando a Boeri, il motivo appare evidente: la scarsità di risorse. Se gli stanziamenti, seguendo il ragionamento del professore, sono già insufficienti senza il sussidio per i disoccupati di lunga durata, figuriamoci con l’introduzione di un’ulteriore prestazione sociale. Insomma, in attesa di conoscere le decisioni del governo, i numeri dimostrano quanto sia difficile trovare le risorse per un intervento sul modello spagnolo. Ecco perché, mentre i tecnici fanno i calcoli, il legislatore si ripara dietro una parola: “eventuale”.

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