Gli alunni disabili sono sempre di più, spesso sono costretti a cambiare insegnante durante l’anno scolastico, non sempre riescono ad avere un assistente ad personam, passano la maggior parte del tempo in classe, non hanno postazioni informatiche adatte e le loro famiglie sono costrette a ricorrere al Tar per ottenere l’aumento delle ore di sostegno. E’ la fotografia di una scuola italiana poco inclusiva quella tracciata dall’Istat nel report 2014 dedicato all’integrazione delle persone con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado statali e non.

Nonostante l’Italia possa vantare una delle prime leggi in Europa, la 104/92, sui diritti dei diversamente abili, restano ancora disattese molte buone intenzioni: tutti sanno che la continuità nel rapporto docente di sostegno – alunno con disabilità, è importante non solo nel corso dell’anno scolastico ma anche per l’intero ciclo, eppure il 10,8% degli alunni diversamente abili della scuola primaria ha cambiato maestra a lezioni già avviate così l’8,8% alla secondaria di primo grado.

Lo sanno bene a Pordenone dove le famiglie di un gruppo di ragazzi che sono stati certificati dopo la data del 15 ottobre (ritenuta dal Miur il limite oltre il quale non sono possibili nomine di docenti di sostegno) stanno lottando per avere il supporto necessario. Ancor più grave notare che il 44,1% dei bambini disabili e il 39,8% dei ragazzi delle medie, a settembre è costretto a conoscere un insegnante di sostegno diverso da quello che ha lasciato a giugno.

Certo questi ultimi sono aumentati (più 6 mila rispetto allo scorso anno) ma anche i ragazzi (più mille): oggi si contano 74mila docenti per 150 mila alunni con disabilità, uno ogni due allievi in media, nonostante le differenze territoriali siano marcate. Il problema che conoscono molto bene le famiglie delle persone disabili resta quello delle ore dedicate ai loro figli: nel Mezzogiorno si registrano 15,4 ore medie settimanali alle elementari (su 24) e 12,1 ore medie nella scuola secondaria, una cifra che scende rispettivamente a 13,3 e 10,0 al Centro e addirittura a 11,5 e 9,5 al Nord. Un dramma per mamma e papà: dalle rilevazione dell’Istat è emerso che il 10% delle famiglie della primaria e il 7% dei ragazzi tra gli 11 e i 13 anni ha presentato ricorso al Tar per ottenere un aumento delle ore. Problema che conosce il presidente nazionale dell’Anffas Roberto Speziale: “Stamattina ho parlato con una mamma di Sassari che ha dovuto spendere sei mila euro in avvocati per ottenere un suo diritto. Noi abbiamo presentato una proposta di Legge al Parlamento proprio per superare anche questa assurda situazione”.

Chi vive il mondo della scuola sa bene quanto sia significativa anche la figura dell’assistente ad personam per quei ragazzi che non hanno la possibilità di spostarsi, mangiare autonomamente o andare al bagno. I numeri dell’Istat ci consegnano, anche in questo caso, una fotografia desolante: il numero medio di ore settimanali di assistente educativo culturale è di circa 10 in entrambi gli ordini scolastici. Nella scuola secondaria di primo grado sono maggiori le differenze territoriali: le scuole del Mezzogiorno hanno un numero medio di ore inferiore (8,7) rispetto a quelle del Centro e del Nord (rispettivamente 10,6 e 9,5).

Di là della questione barriere architettoniche – che restano un problema nel 62,4% delle scuole primarie e nel 72% delle medie – i ragazzi con difficoltà conoscono ostacoli anche dal punto di vista didattico: più di un quarto degli istituti di entrambi gli ordini presi in considerazione dall’Istat, non ha postazioni informatiche adatte nonostante la tecnologia possa svolgere una funzione di facilitatore nel processo di inclusione. Ai disabili sono “vietate” anche le gite d’istruzione soprattutto se si tratta di viaggi con pernottamento: se da una parte, infatti, il 90% dei ragazzi partecipa a uscite di una giornata o di qualche ora, dall’altra solo il 26% alla primaria partecipa alla gita “fuori porta” così il 51% alle medie.

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