Sembra che il discreto fascino del legiferare per decreto legge non sia più solo una caratteristica del bizzaro modo di intendere la democrazia in Italia ma abbia fatto proseliti anche in nord Europa.

Ieri l’Olanda ha vissuto una delle più assurde crisi-lampo della sua storia politica recente, crisi istituzionale tra Esecutivo e Parlamento. E indovinate un po’ il premier-manager Mark Rutte, cosa tira fuori dal cilindro? Un decreto legge, pronto nel caso le due Camere, il senato soprattutto, non si comportino come devono. Ma leggete con attenzione questa vicenda; a molti sembrerà familiare e permetterà di rendersi conto dello stato comatoso della partecipazione democratica anche in paesi una volta presi come modello. Martedì scorso, la Eerste Kamer (il senato dei Paesi Bassi) si apprestava a votare la riforma del sistema sanitario. Come alcuni sapranno, il sistema olandese è “americanizzato” con polizze private obbligatorie per tutti i residenti.

Preambolo: se il testo fosse passato, le assicurazioni non avrebbero più avuto l’obbligo di rimborsare le prestazioni a cittadini che avessero scelto di curarsi presso strutture non convenzionate con la compagnia. In parole povere: ci si cura solo presso le strutture convenzionate con la propria assicurazione. E se ci si fa male in una zona del paese dove la polizza non ha accordi con l’ospedale? Oggi la compagnia ha l’obbligo di coprire il 75% delle spese, passata la riforma non avrebbe avuto più alcun obbligo. Fatte le dovute premesse, arriviamo ora alla storia: la coalizione liberali-laburisti che dal 2012 si trascina con un governo di minoranza -decimato nei sondaggi- sostanzialmente immobile con spinte propulsive verso destra, ha previsto questo regalo alle assicurazioni sanitarie fortemente voluto da Edith Schippers, signora ministro molto vicina alla lobby farmaceutica. Due anni di lavoro e martedì, finalmente, la firma del senato, che in Olanda non può emendare ma solo accettare o respingere i disegni di legge. Liberali al settimo cielo, laburisti che ingoiano l’ennesimo rospo (e raggiungono nei sondaggi il minimo storico) passando più tempo a giustificarsi con la base che a puntare i piedi con lo scomodo alleato. Insomma, quando tutto sembrava solo una formalità e i parlamentari erano pronti per gli auguri di Natale e l’arrivederci al 2015 ecco il colpo di scena: 3 senatori laburisti, votando contro, affossano la riforma. La “sindrome di Turigliatto e Rossi”, ovvero la vendetta della sinistra stanca di ‘turarsi il naso’, ha colpito il Pvda, il partito laburista al quale, di rosso, è rimasta solo la cravatta del leader Diederik Samsom. Shock e disappunto nell’azionista di maggioranza, la destra del Vvd, imbarazzo e confusione in quello di minoranza nel Pvda e sbigottimento anche dall’equivalente olandese dei “responsabili”, una formazione tripartita che ha consentito al governo di minoranza di sopravvivere fino ad oggi.

Da martedì a ieri, si è consumato uno psico-dramma politico senza precedenti: apertura di una crisi, silenzio con la stampa, silenzio con il parlamento; “il governo cade”, “no, il governo resta”. Alla fine, ieri in tarda serata, il leader del Pvda, leader ormai di un partitino da meno del 10% che ormai veste i panni, a tempo pieno, del pompiere rosso del programma ultra-liberista del Vvd annuncia la svolta: la riforma torna alla Tweede Kamer, la Camera bassa, con alcune modifiche che accolgono le “perplessità” dei tre dissidenti. Durante il serrato dibattito convocato d’urgenza ieri sera in parlamento, però, il leader laburista -costretto a trovare una soluzione, sotto minaccia di andare ad elezioni anticipate, da parte del premier Mark Rutte- si è presentato come un cane bastonato in aula, annunciando che è tutto risolto e si va avanti. Risolto cosa? In realtà la legge resta invariata, con un paio di smussamenti che tuttavia non intaccano in alcun modo l’impianto: d’altronde la furibonda ministro Schippers, è stata chiara “abbiamo già stretto accordi con le assicurazioni sanitarie, quindi la legge non si tocca”.

Metodo dello stato-azienda: l’esecutivo si impegna con operatori privati prima ancora del voto definitivo dei provvedimenti. Che ormai non vengono votati ma semplicemente vidimati. I tre dissidenti tacciono mentre l’opposizione, soprattutto i “responsabili” hanno travolto Samsom: “Chi vi dà la garanzia che i tre voteranno a favore, questa volta?”. “Nessuno” ha dovuto ammettere Samsom alla fine. Ma se non passa, ha aggiunto, passerà comunque: il governo è pronto ad utilizzare la decretazione d’urgenza, uno strumento -nell’ordinamento olandese- impiegato molto di rado. Quindi i tre senatori-kamikaze, possono stare tranquilli: il loro voto è ininfluente. E tanti saluti alla democrazia olandese, salvata da tre dissidenti che hanno potuto votare in coscienza solo perché fuori dalle liste: a marzo verrà rinnovato il Senato e nessuno di loro sarebbe stato comunque ricandidato. Possibile mai che la democrazia oggi debba affidarsi a chi non ha nulla da perdere? C’è chi obietterà che una decisione nazionale non può essere messa in discussione da appena tre parlamentari in odore di ritorsione verso il loro partito ma lo stesso ragionamento, se vogliamo, vale anche per il governo: dubito che gli elettori laburisti abbiano votato il loro partito con l’auspicio che stringesse alleanza con la destra liberale, dubito che la regola maggioritaria, in un sistema rigidamente proporzionale come quello olandese, voglia dire che un provvedimento bocciato, passi comunque. Perchè cosi vuole la lobby delle assicurazioni. Veramente brutta, questa Olanda, politicamente italianizzata.

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