Nessuno può chiedergli di fare un passo indietro, nemmeno la presidente della Camera Laura Boldrini. E lui nel dubbio resta al suo posto. Il deputato di Forza Italia Giancarlo Galan continua a ricoprire la carica di presidente della commissione Cultura a Montecitorio, ma da casa. Galan, infatti, non può uscire: è agli arresti domiciliari dopo aver patteggiato per l’inchiesta sul Mose, nella quale è accusato per corruzione. Durante l’estate, il 21 luglio scorso, il Parlamento aveva autorizzato l’arresto dell’ex governatore del Veneto che secondo i pm – nel sistema di tangenti veneziane – riceveva uno “stipendio” da un milione di euro all’anno. Il 16 ottobre Galan, dopo essersi dichiarato innocente per settimane, ha patteggiato la pena a 2 anni e 10 mesi e da quel giorno è ai domiciliari nella sua villa in Veneto. Ma nessuno ha ancora messo in discussione la sua poltrona di presidente dell’organo parlamentare. Silenzio dai colleghi di Forza Italia, silenzio anche dalla maggioranza e in particolare dal Pd che in commissione Cultura è rappresentato tra l’altro dal presidente del partito, Matteo Orfini.

Galan è accusato di corruzione per l’inchiesta Mose: ha patteggiato la pena a 2 anni e 10 mesi

La Costituzione effettivamente non prevede la possibilità di rimuovere un parlamentare dalla sua carica per tutela della libertà di mandato. Ma nulla vieta di porre la questione politica. L’ha fatto il 14 ottobre il Movimento 5 stelle che ha scritto una lettera alla Boldrini per chiedere che Galan venisse rimosso. La presidente ha risposto che non rientra nelle sue competenze. E il primo capitolo si è chiuso. Allora Andrea Cecconi, capogruppo M5s, ha scritto ai presidenti dei gruppi. Ha risposto solo Renato Brunetta (Forza Italia), che ha difeso il collega appellandosi “al costituzionalismo delle origini”: “Come Lei stesso riconosce”, si legge nella lettera, “è precluso a chiunque rimuovere dall’ufficio parlamentare un collega. All’atto di configurare il nostro sistema parlamentare, peraltro in linea con una tradizione antica che affonda le sue radici nel costituzionalismo delle origini, i padri costituenti hanno voluto circondare la funzione parlamentare con istituti di garanzia che hanno il proprio perno nella libertà di mandato e nella tutela del singolo parlamentare”. Insomma, secondo Brunetta, o si fa indietro Galan o nessuno toccherà la sua posizione. “Non spetta certamente”, conclude Brunetta, “al Presidente di un gruppo intervenire in alcun modo per svolgere pressioni o indurre a dimissioni che il diritto parlamentare esclude. Tali pressioni sarebbero del tutto indebite”.

I 5 stelle chiedono le sue dimissioni. Brunetta (Fi): “Sarebbero indebite pressioni”

I 5 stelle hanno poi chiesto l’intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Gli ha risposto il consigliere Giancarlo Montedoro: “Pur condividendo le considerazioni”, scrive, “sulla mancata previsione della revoca dei presidenti delle commissioni ed apprezzando le motivazioni, debbo rilevare che al Capo dello Stato non è consentito dalla Carta costituzionale intraprendere iniziative incidenti sull’autonoma organizzazione della vita parlamentare”. Insomma non spetta al Colle sollevare la questione politica.

Il Quirinale: “Apprezzo le motivazioni M5s, ma non posso intervenire”

Che Galan non sia fisicamente presente in Aula da due mesi, proprio perché agli arresti domiciliari, e che la commissione Cultura sia senza guida da varie settimane restano dettagli. Almeno secondo la maggior parte dei partiti in Parlamento. “Ci chiediamo”, scriveva Cecconi alla Boldrini il 14 ottobre scorso, “come sia possibile che un deputato coinvolto nell’inchiesta Mose e posto agli arresti domiciliari possa ancora ricoprire il ruolo di presidente di una commissione che, senza sminuire l’importanza di tutte le altre commissioni, da un punto di vista morale, etico ed educativo, dovrebbe avere un ruolo principe”. E concludeva Cecconi nella lettera: “Tali finalità dovrebbero a nostro avviso essere coordinate e presiedute da una personalità moralmente diversa e che più propriamente dovrebbe essere presente ai lavori e non agli arresti domiciliari”. Ma la Boldrini ha risposto che può farci poco o nulla: “E’ noto che nel nostro ordinamento non sono ammissibili strumenti volti a revocare il Presidente di un organo parlamentare. La rinuncia alla carica, allo stato, che discendere dalle autonome determinazioni del deputato Galan”.

ilfattoquotidiano.it

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