di Carblogger.it

A Marchionne si crede o non si crede. Non ci sono vie di mezzo. A Marchionne crede per esempio Gabriele Gambarova di Banca Akros, che in un report agli investitori ha appena scritto che Fca nel 2016 ridurrà il suo debito di 4,8 miliardi, più dei 4 scritti negli obiettivi (11,4 miliardi di euro al 30 settembre scorso). A Marchionne non crede per esempio Riccardo Ruggeri, ex amministratore delegato di New Holland e oggi consulente internazionale, secondo cui il piano industriale resta un dilemma. Con l’obiettivo, per esempio, delle 400.000 Alfa Romeo premium per il 2018 fuori portata.
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Il marketing finanziario di Marchionne, ancorato allo scorporo della Ferrari  da Fca con trasferimento di sede fiscale a Londra negato ufficialmente 24 ore dopo la notizia di Bloomberg, ha funzionato alla grande, finora. Ma anche la borsa oggi crede e non crede al manager (che non l’ha mai amata). Se dal 13 ottobre, giorno di partenza incerta a Wall Street, il titolo Fiat Chrysler Automobiles (Fcau) è volato, negli ultimi due giorni tra mercoledì e giovedì improvvisamente ha preso gli schiaffi a Milano e a New York: scivolato a Piazzaffari intorno ai 9 euro (dopo un picco di 11,26 euro rimasto quasi stabile per un mese), vagante al Nyse intorno agli 11 dollari (il picco è stato 13,76 nei quasi due mesi). Essendo la borsa volatile per definizione, domani si vedrà.

Motivo di oggi? Gli 11 dollari, indicati da Fca quale valore delle azioni ordinarie e del bond convertendo di 2,5 miliardi di dollari (spread altissimo a 7,875%) per rafforzare il patrimonio, sembrano essere state prese alla lettera dalle borse, che hanno così ripiegato. 11 dollari con lo sconto, segno che altrimenti potrebbero non essere comprate. E soprattutto è un quadro dentro il quale è facile che fra gli analisti possano riemergere dubbi carsici sulla fattibilità del nuovo piano industriale.

Ruggeri, il primo dei dubbiosi, mette dentro un libro Fiat, una storia d’amore (finita) le sue osservazioni e previsioni guardando dentro la Fca di Marchionne da investitore soddisfatto e da analista disilluso. Ruggeri scrive un po’ da innamorato (ex), ma il consiglio finale agli Elkann-Agnelli è ciò che per molti osservatori è più di un sospetto: vendano Fiat Chrysler e si tengano la Ferrari. Un buon motivo (o sospetto) per cui vale la pena leggere il libro.

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