È nato nell’anno in cui finiva la Seconda Guerra Mondiale, ma vedendolo, nessuno lo penserebbe. Venuto al mondo in una frazione di Pietranico, profondo Abruzzo, “le strade non erano asfaltate e la luce elettrica è arrivata solo all’inizio degli anni Sessanta: le elementari le ho fatte dentro la casa di un contadino”. Poi la rivelazione del grande e bel mondo, la scoperta dei pastelli, dell’olio e dell’acrilico, il ritorno con pelle nuova a casa, gli entusiasmi sempre indomiti. Il pittore Gino Berardi oggi abita e ha il suo atelier a Montesilvano, in provincia di Pescara; ma nel corso del tempo ha tenuto mostre personali in mezzo pianeta, persino alle Barbados, costellate da riconoscimenti importanti, come il Premio Picasso nel 1981.

I suoi quadri sono disseminati all’interno di un gran numero di musei, pinacoteche, collezioni pubbliche e private. Le fantasmagorie di colori di Berardi vengono da lontano, e sono andate lontano. Parabola emblematica, la sua. Ne scriviamo anche a mo’ di “sineddoche”, ci si passi il parolone. Parliamo di lui per parlare di tanti.

Senza mai fingere di tribolarsi dentro maschere di mal di vivere al neon, da rivendere al miglior offerente, Gino la vita se l’è goduta ampiamente. Dopo l’infanzia povera e grama, e una breve sosta a Pescara, migra all’estero e ci resta nove anni. Ginevra, Lugano, St. Moritz. Dal 1963 al 1972. Anni felici. “Sono stato general manager di strutture alberghiere rinomatissime. Ho visto passare e scambiato chiacchiere con lo Scià di Persia, l’aga Khan, Josephine Baker. Ho stretto amicizia con l’avvocato Gianni Agnelli, Toni Renis, Walter Chiari, Mike Bongiorno, Corrado, Gino Paoli, Fred Bongusto, Peppino Di Capri”. Corre il tempo del jet-set, quello vero. “Era tutto diverso. Non c’era Internet ma c’era mistero, magia. Si andava a “vedere il divo”. I paparazzi (e schiere di turisti dell’autografo) accorrevano a St. Moritz per immortalare le celebrità. Oggi abbondano i vippetti e le starlette, e per vederli basta accendere la tv, o aprire Google”.

Gino Berardi continua a sfogliare la margherita reale dei suoi ricordi. “Con l’avvocato Agnelli c’era una bella amicizia, e quando gli dissi della mia intenzione di tornare a Pescara, lui sibilò: ‘Vai a Milano. Ci penso io'”. Invece Gino riprende la strada di casa, si rimbocca ancora le maniche e comincia a insegnare all’Istituto alberghiero pescarese. Aderisce con impeto alla scena artistica locale, allora all’avanguardia, e talvolta torna alla sua seconda passione, riveduta e corretta: un celebre scatto del 1982 lo ritrae tra il presidente Pertini, Cesare Romiti e Gianni Agnelli durante l’inaugurazione della Sevel di Atessa. Lui era il capo barman. Intanto inaugura uno dei primi programmi televisivi italiani d’arte, precorrendo gli Sgarbi: Specchio.

Berardi aveva iniziato a dipingere negli anni sessanta. All’inizio scene campestri, agresti, tutto quello che gli ricordava l’Abruzzo, terra di Michetti. In seguito l’impressionismo, e poi la svolta dell’astrattismo informale, che ancora oggi connota i suoi quadri.

Oggi Gino è un giovanile signore (“cavaliere e commendatore della Repubblica”) prossimo alla settantina che parla fluentemente tre lingue straniere: il francese, il tedesco e lo spagnolo. Ne ha fatta di strada da quel paesello natìo. Il fluire del tempo non gli fa paura, perché lo cattura nelle sue tele. Perché ha vissuto. Cervello in fuga ante litteram, quando si scappava dalla miseria nera. E col suo sguardo fervido continua a immaginare il mondo.

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