Ha raccontato tracce d’Italia contemporanea ma i suoi lavori sono visti e presentati praticamente solo fuori dall’Italia. Yuri Ancarani, ravennate, classe ’72, è uno dei tanti talenti della videoarte che si mescola ai nuovi territori del cinema in digitale avvolto dall’ovattato silenzio dell’ “intellighenzia” culturale italiana. Accademia di Brera alle spalle, una carriera pratica iniziata nei primi anni duemila con alcune opere video che ritraggono la sua terra di Romagna (Fuori Stagione, Lido Adriano, La questione romagnola, ecc…), poi virano verso le Apuane degli estrattori di marmo (Il Capo), percorrono le strade sconosciute di un meridione lavorativamente ipertecnologico (Piattaforma luna), infine spaziano tra i lavoratori del tempio del calcio milanese prima di un derby nei venticinque minuti di video installazione “San Siro”.

“Per fare questo mestiere bisogna combattere, perché nessuno ti chiede di produrre un’opera. Le mie opere le vedono all’estero”

Opera che potrà essere vista fino all’8 dicembre 2014 presso la GAM Galleria d’Arte Moderna di Milano all’interno della nuova edizione di FilmMaker Festival. “Mia mamma è una piadinara romagnola, ma io oramai vivo da vent’anni a Milano, città per cui provo amore e odio, e che giustamente ospita un lavoro già esposto al MAXXI di Roma ma che parla di alcune persone di questa città”, spiega Ancarani al fattoquotidiano.it, “per fare questo mestiere bisogna combattere, perché nessuno ti chiede di produrre un’opera. Le mie opere le vedono all’estero, a Locarno, a Toronto, a Rotterdam, al Cinema du Reel di Parigi. In Italia, invece, si vedono pochissimo, giusto qualche screening. Attenzione però in Francia o in Canada io non dicono che presentano un lavoro di Yuri Ancarani ma che stanno presentando un film italiano di Yuri Ancarani”. La videoarte nella “Versione di Yuri” inizia al Festival di Venezia 2010 diretta da Marco Muller e non alla Biennale Arte: “Non avevo mai preso in considerazione di proiettare i miei lavori in un cinema”, racconta Ancarani, “ho studiato videoarte e mi sono appassionato lavorando con un mezzo povero come una videocamera è non con una cinepresa.

“Intendiamoci: diversamente da altri audiovisivi, come il documentario, non riprendo persone che ti parlano per dirti la verità. L’opera d’arte deve lasciare aperte le porte dell’interpretazione”

Allo stesso tempo ho come portato la narrazione nel mondo astratto della videoarte”. Ancarani è sempre stato attratto nel ritrarre gesti e atti compiuti da singole persone, spesso operai specializzati in qualche funzione professionale distinta: “Mi incantano. Spesso sono più potenti e forti della parola e di una conversazione”. Ne “La Questione romagnola”, in nemmeno due minuti riprende un bagnino sulla battigia che va verso la bandiera rossa issata a riva: “La spiaggia è deserta. Il mare è piatto come solo l’Adriatico sa essere, e il bagnino alza il pugno sinistro. Ognuno è libero però di interpretare come vuole. Intendiamoci: diversamente da altri audiovisivi, come il documentario, non riprendo persone che ti parlano per dirti la verità. L’opera d’arte deve lasciare aperte le porte dell’interpretazione”.

Operai al lavoro, tra quelli che disegnano le righe in gesso del campo da calcio, gli elettricisti, gli stewart in camice giallo fosforescenti colti nei gesti infinitesimali della preparazione del pre-partita

Anche se è con alcuni giovani cineasti che l’artista ravennate riesce a dialogare con maggiore semplicità: prova ne è l’amicizia con il filmmaker Pietro Marcello, autore de La bocca del lupo, altro sperimentatore, questa volta dallo sponda più ingessata del cinema: “Ho portato nelle mie opere molte convenzioni del cinema. Curo molto l’audio ad esempio, tanto che in San Siro è la prima volta che uso il Dolby Atmos usato in una sola sala cinematografica italiana per una prima del film “Transformers”. E’ un dettaglio che a me serve, non una manovra commerciale”. San Siro, infine, conferma la regola “contenutistica” del nostro: ancora operai al lavoro, tra quelli che disegnano le righe in gesso del campo da calcio, gli elettricisti, gli stewart in camice giallo fosforescenti colti nei gesti infinitesimali della preparazione del pre-partita finché non arrivano tifosi e pullman con i giocatori: “Ho fatto un trailer del cavolo, come sempre, dove non si capisce cosa c’è nell’opera completa tanto che arriva perfino Balotelli, già milanista, e lo vediamo di nuca con le cuffie per la musica”, conclude, “In verità questa opera vuole riprendere persone che sanno lavorare sul serio”.

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