Stop agli incarichi di consulenza e alle cariche nelle controllate pubbliche per chi è già in pensione. Il ministro Marianna Madia ha firmato la circolare che dettaglia i paletti per gli incarichi ai pensionati previsti dal decreto di riforma della Pubblica amministrazione della scorsa estate. In particolare, spiega il documento, sarà vietato affidare ad ex lavoratori pubblici o privati in quiescenza “incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati“. E coloro che sono usciti dal lavoro non potranno nemmeno essere scelti come commissari straordinari per “l’amministrazione temporanea di enti pubblici” o “lo svolgimento di compiti specifici”. Peccato che la nuova disciplina si applichi solo agli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore del decreto Madia, il 25 giugno, per cui “non incorrono nel divieto gli incarichi a soggetti in quiescenza conferiti precedentemente, anche se alla stessa data il trattamento economico o compenso non era ancora stato definito”. Così viene salvato in extremis il 76enne Piero Gnudi, ex ministro ed ex presidente di Enel e dell’Iri, nominato il 6 giugno commissario dell’Ilva al posto di Enrico Bondi. E tirano un sospiro di sollievo anche tutti gli altri boiardi di Stato in pensione ma insediati da anni su nuove poltrone: dall’ex ambasciatore Giovanni Castellaneta, presidente della società pubblica di assicurazione del credito Sace a Pietro Ciucci, presidente dell’Anas ma anche, dallo scorso anno, beneficiario di una pensione d’oro per aver lasciato l’incarico di direttore generale della stessa società della rete autostradale. Mentre Tiziano Treu, anche lui ex ministro e padre dell’omonimo pacchetto sul lavoro interinale, scelto a ottobre per guidare l’Inps, ha messo le mani avanti premurandosi di far sapere che è disponibile a lavorare gratis, essendo “abbastanza ricco” grazie alla pensione da professore universitario e al vitalizio da parlamentare.

Vietati gli incarichi direttivi ma non la docenza – Nel documento si precisa che le nuove norme non puntano “a introdurre discriminazioni nei confronti dei pensionati, ma ad assicurare il fisiologico ricambio di personale nelle amministrazioni, da bilanciare con l’esigenza di trasferimento delle conoscenze e delle competenze acquisite nel corso della vita lavorativa”. Insomma, “le nuove disposizioni sono espressive di un indirizzo di politica legislativa volto ad agevolare il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni” e evitare che “il conferimento di alcuni tipi di incarico sia utilizzato dalle amministrazioni pubbliche per continuare ad avvalersi di dipendenti in quiescenza”, bloccando l’avanzamento dei più giovani. E proprio per svecchiare il settore pubblico si è deciso di precludere ai pensionati tutte le poltrone che “implicano la direzione di uffici e la gestione di risorse umane”, compresi “incarichi in strutture tecniche, quali quelli di direttore scientifico o sanitario, che comportano le suddette mansioni”. Nel divieto rientrano anche tutte le responsabilità “nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici“. Restano consentiti solo gli “incarichi di docenza in cui l’impegno didattico sia definito con precisione e il compenso sia commisurato all’attività didattica effettivamente svolta”, la partecipazione alle giunte degli enti territoriali e agli organi elettivi degli ordini professionali e le cariche a titolo gratuito, che comunque non possono superare i 12 mesi di durata e non sono prorogabili né rinnovabili.

L’ispettorato dovrà rispondere entro 2 settimane a segnalazioni su ritardi o irregolarità – Un’altra direttiva emanata dalla Madia fissa in un massimo di 15 giorni il tempo a disposizione dell’Ispettorato per la funzione pubblica “per dare risposta a ciascuna segnalazione” arrivata da cittadini imprese su ritardi o irregolarità rilevati negli uffici pubblici e avviare le verifiche del caso. Il termine è ristretto, sottolinea Palazzo Vidoni, per dare “il buon esempio” a tutte le amministrazioni, tenuto conto che ormai per legge vige un “obbligo generale” – salvo eccezioni per materie di particolare complessità o inerenti l’ordine pubblico – di concludere i procedimenti amministrativi in non più di 30 giorni. Il ministero segnala che sono in aumento le segnalazioni provenienti da consiglieri di piccoli Comuni che denunciano violazioni di spesa da parte delle giunte o difficoltà di accesso agli atti. Ma il tetto di due settimane vale anche per le risposte ai dipendenti che segnalano illeciti ai sensi della nuova normativa anticorruzione, episodi di mobbing o demansionamenti e per le repliche a amministrazioni statali, enti pubblici, Asl, università, agenzie o enti locali che chiedono accertamenti sui dipendenti sospettati di svolgere doppio lavoro non autorizzato.

Infine la direttiva pubblicata sul sito del ministero della pa prevede che entro fine anno venga preparato un rapporto sulla riduzione dei permessi sindacali prevista dal decreto Pa a partire da settembre e sui relativi risparmi per le amministrazioni.

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