Dalla scorsa settimana il club degli europopulisti ha un nuovo prestigioso membro, David Cameron che ha ormai ingranato la quinta sull’autostrada che lo porterà alle elezioni di maggio alle quali vuole giungere più cattivista e nazionalista di Farage.

Eppure nel 2010 Cameron aveva tentato di ricostruire una docile immagine al vecchio e stanco partito delle disuguaglianze costruito da Margareth Thatcher due decenni prima, riempiendo il manifesto di ‘nuovismi’ come la green-economy, ammettendo un’eresia – per il Tory che si rispetti – di accettare l’Nhs pubblica e infine dicendo sì ad un po’ d’Europa, purché flessibile. Ok, dimenticate tutto: il ciclone Farage ha fatto scegliere al volubile primo ministro inglese di ritornare sui suoi passi. Buonismo per cinismo. Farage dal canto suo, vince su tutti con minimo sforzo: lui cattivista lo è da sempre e non deve saltare sulle punte per farsi vedere; infondo gli basta non scomporsi e andare al pub per far vincere il suo partito. Cameron allora deve alzare il tiro e promettere l’artiglieria pesante per il giorno dopo le elezioni: il suo Paese abbandonerà la Corte Europea per i Diritti Umani sbattendo la porta, obbligherà l’Ue ad accettare l’introduzione di quote per i cittadini comunitari in Inghilterra e se il pachiderma continentale non farà proprio tutto ciò che lui dice, almeno cosi dice, il divorzio con la Vecchia Europa sarà inevitabile.

“Ora andiamo avanti”, è stato il primo commento del premier conservatore, parlando da Downing Street

 

Dopo bulgari e romeni, udite-udite, siamo entrati anche noi italiani nella lista degli ospiti indesiderati. Al di qua della manica la situazione non è migliore: Wilders è sempre lì e a marzo in Olanda si voterà per il senato (la Eerste Kamer). Dopo il tonfo dello scorso anno è risalito nei sondaggi proponendo la minestra già riscaldata per diversi appuntamenti elettorali: via dall’Europa, deportazione di massa e privazione della nazionalità per tutti i musulmani, etc. E magari già che ci siamo via anche bulgari e romeni. In fin dei conti ognuno ha il suo invasore di fiducia, un po’ come il macellaio ma in questo caso il fronte dell’odio ha fatto l’Europa prima ancora delle (ovviamente odiatissime) istituzioni comunitarie; prendiamo la nostra star nazionale di internet, Matteo Salvini, l’uomo da mezzo milione di condivisioni a post. I suoi avversari sono scioccati dalla violenza degli status mezzo-milionari contro zingari, immigrati, clandestini, rifugiati etc. etc. che ricordano tanto, ma tanto, il marketing-populista di Farage, di Cameron, e di Wilders (e anche di Marie Le Pen). E lo ricordano per un particolare non da poco conto: la loro è retorica senza “responsabilità politica” ovvero violenza verbale a senso unico contro una fetta della popolazione che non ha possibilità di far pagare loro (elettoralmente) il conto. I nazional-populisti hanno infatti costruito la propria fortuna (tutti tranne Cameron, convertito al cattivismo in età politica già avanzata) approfittando di un corto circuito dei sistemi democratici europei, ovvero lo scollamento tra popolazione residente e diritti di cittadinanza.

Una volta cittadini ed elettori coincidevano, oggi no: si può essere elettori ma non residenti (per esempio gli italiani residenti all’estero che votano alle politiche), residente ma non elettore (sempre gli italiani residenti all’estero che non possono votare nel paese dove vivono) residente (di fatto) con un lavoro in nero e ovviamente non essere elettore. Quindi, ricapitolando: i rifugiati non possono votare, i “clandestini” ovviamente non possono votare, gli immigrati non possono votare, gli expat non possono votare gli italiani di genitori non italiani non possono votare (se non alle amministrative). La ricerca dei nemici è più facile cosi, no? Nello scontro di civiltà di una volta, rossi contro neri, il gioco era alla pari. Oggi invece violenza verbale e persecuzioni sono sempre ben ponderati dai nazional-populisti: guai a toccare gli elettori. Lo sa bene Geert Wilders e lo sa benissimo anche David Cameron, da poco nel club. Entrambi, non a caso, nei rispettivi paesi prendono a bersaglio, un pò da bulli va detto, quelle comunità che non possono votare oppure che disertano le urne oppure che in larga misura non votano per loro. Wilders non si scaglia contro i turchi, una comunità nazionale musulmana molto ben strutturata nei Paesi Bassi, economicamente influente e con un’ampia partecipazione elettorale, si scaglia invece contro i marocchini che abitano prettamente nelle grandi città (dove, a parte l’Aja, il Pvv quasi non esiste) votano meno e quelli che votano sono supporter del Pvda, il partito laburista. Cameron se la prende con gli italiani e naturalmente con bulgari e romeni perché  i connazionali residenti, ben mezzo milione, non hanno diritto di voto alle politiche. Salvini, idem, oggi prende di mira “gli invasori” che naturalmente non sono forza elettorale, l’altro ieri prendeva di mira i napoletani (ve lo ricordate?) quando il sud era il bersaglio della Lega.

Nell’era dei partiti liquidi, resta ben poco della politica, seppellita da proclami, comunicazione sui social spacciata per informazione e dagli euro-opportunismi a geometria variabile.

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